ARPOCRATE A:::I:::
COLLINA ABRAXAS (TOSCANA)
Era il Punto in cui
nasceva il tempo, che non aveva limite nè spazio, un luogo che prima non c'era,
creato al primo respiro, al primo battito di un mondo spirituale senza materia
nè immagine; quel luogo è il Punto, fatto di vuoto, indeterminato e
indeterminabile. Lì è nascosta l'istruzione divina, affinché ogni piccola
traccia di spirito, crei spirito e ritorni allo Spirito.
La scelta simbolica di un
punto non è casuale. Possiamo ricordare che il punto è un elemento fondamentale
della geometria, rappresenta per il nostro intuito un concetto alquanto
indeterminato. Per molti corrisponde ad un'infinitesima dimensione
spaziale.
In genere è la stessa
geometria a non definirlo e a considerarlo come un elemento astratto e
adimensionale, postulante l'esistenza dello spazio , ma non quantificabile
nella sua estensione.
Potremmo definire
pertanto il punto come un progetto che preesiste a qualcosa e che contiene, pur
nella sua indeterminatezza, i semi astratti del divenire.
Senza un'estensione, non
sottomesso a nessuna regola o condizione spaziale, è tuttavia il concetto archetipale
che meglio definisce il momento primo della creazione tridimensionale.
L'Incipit del concetto di esistenza come progetto logico.
Possiamo pertanto dire
che il punto è per il pensiero umano un'ipotesi astratta del possibile ed uno
dei suoi fondamenti indefinibili.
Come immaginato da alcuni
dei più eminenti cabalisti, tra i quali Luria è certamente uno dei più acuti e
originali, durante il processo emanativo il primo risultato dell'azione divina
è la creazione di un Punto, spesso rappresentato al centro di un cerchio o di
una serie di cerchi concentrici.
È il Tehiru, il punto
primordiale, "luogo" in origine indistinto dall'Assoluto, da cui
l'Uno decide di ritrarsi, al fine di generare un accadimento in uno spazio
ormai vuoto e abbandonato.
L'azione divina si compie
attraverso un'autolimitazione della sconfinata perfezione, azione definita con
il termine italiano di Contrazione a
cui corrisponde il latino Regressum e
l'ebraico Tzitzum.
Ma il punto è anche il
luogo dove si genera la dualità: da una parte il buio, vuoto abbandonato dalla
luce infinita, dall'altro la luce, emanazione divina, reminiscenza
dell'Assoluto.
Tra i due abissi c'è la
materia, impensabile nascita di forze opposte che si solidificano nella vita e
nei i suoi significati.
In questo ritirarsi da se
stesso D-o determina un luogo in base alla sua assenza, privato della luce
infinita, ma che custodisce come in un lontano ricordo il segreto della sua
grandezza, che rimane nascosta agli occhi e impossibile da comprendere.
La contrazione nel punto
è, in un certo senso, una piccola rinuncia al privilegio della totalità e
rappresenta quindi un dono grandioso ed unico rivolto alla vita.
Nel punto di colore nero,
laddove l'assoluto si ritrae, nascono i mondi che gradatamente si solidificano
nella materia diveniente.
Lì ci sono le 10 Sefirot
e lì nasce, per l’uomo, il desiderio istintivo di tornare all'Assoluto, di
cercare la via della reintegrazione.
La luce spirituale, come
un mare, nel suo ritirarsi, lascia un alone spirituale un profumo di perfezione,
che tutto genera ed ordina, come un'invisibile tela che sorregge l'esistenza e
dà forma alla materia.
Il punto è quindi il
luogo del VERBUM.
Lo Spirito Infinito
pronunciato nelle lettere divine che crea dei mondi spirituali; questi a loro
volta decadendo diventano sempre meno spirito e sempre più luogo; fino a che
arrivano a dimenticare la perfezione che le ha generate.
Nel Punto nasce il
ricordo di un residuo invisibile, che ci fa come respirare il riflesso divino
nella nostra immagine.
Ciò che è luce per gli
uomini,
è luce
da cui emana, nelle
tenebre,
la magnificenza
dell'assoluto,
senza che le tenebre la
possano comprendere.
www.martinismo.net
eremitadaisettenodi@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento