Carissimi Amici,
XLVI. IL
DISPREZZO
"Non date ai cani ciò
che è sacro." (Matteo VII, 6)
Possiederei io
tutta la scienza e tutti i talenti, se io disprezzassi gli inferiori, gli
emarginati, i poco intelligenti? O dimostrerei solamente la mia follia e la mia
aridità di animo? Da cosa, infatti, dipendono la mia fama, il mio successo? Da un
centigrammo di fosforo o ferro nel mio corpo, da una parola, da un incontro, da
un gesto di mio angelo custode, dalla devozione segreta di qualche amico
sconosciuto visibile o invisibile? Che cosa posso sapere?
Se vivo in basso
o ai margini della società, io non ho più nessun diritto di disprezzare gli
inferiori. Ogni cosa ha una ragion d’essere. La confusione non è che
un’apparenza che ha origine dalla nostra condizione, non è la realtà. Tutti,
ricchi, poveri, buoni, cattivi, intelligenti, rudi, siamo come a scuola; se ci
prendiamo in giro l'un l'altro non comprendiamo l'insegnamento; bisognerà
recuperare le ore dissipate e pagare la disobbedienza.
Se io mi credo
giusto ed innocente, divento più sensibile alle piccole punture dell’amor
proprio. Ma se io comprendo la mia nullità, ecco che io vedo quanto è complessa
la mia personalità, incoerente, anemica, come non mia, e così gli attacchi non
mi colpiscono più; saranno come una lacrima sui miei vestiti, come una spina nel mio dito; ma
io non mi irriterò più; io proseguirò con buon umore la tonificante passeggiata
nella vasta foresta del mondo.
Gli umili fanno
ancora meglio; essi ringraziano il Padre; essi sanno che in ogni sofferenza c’è
un poco di impurità che se ne va; c’è un poco di tenebra che il sole scaccia.
Un tale eroismo spaventa il mio pauroso coraggio, io mi asterrò dal credermi
superiore, e io accetterò tutti gli attacchi con un sorriso di abbandono e di
amore.
OSSERVANZA: Essere buono con tutti, anche con quelli che io credo
indegni.
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