Ogni tradizione
iniziatica necessita di basi per potersi definire tale; una di queste basi,
probabilmente la prima, è quella di possedere un mito fondativo su cui
innalzare il messaggio che tale tradizione intende trasmettere. Il mito
consente di trattare di fatti avvenuti in un tempo metastorico, quando la
storia non esisteva; il mito diventa quindi quel necessario generatore di
simboli che consentono di descrivere questi fatti metastorici in modo
comprensibile, senza i quali la loro descrizione sarebbe semplicemente
impossibile. Il mito fondativo del Martinismo è il mito Caduta dell’Uomo, così
come narrato nel Genesi al terzo capitolo.
Come è noto, in tale capitolo, si
descrive il mito di Adamo ed Eva nell’atto di trasgredire un comandamento di
Dio, tentati dal serpente, oltrepassando il perimetro dei limiti assegnato loro
da Dio stesso; le conseguenze della giustizia divina saranno inevitabili, tra
cui una vita piena di fatica e dolori, la cacciata dall’Eden, la vergogna della
nudità e la mortalità della specie umana, in quanto con questo evento - la
Caduta - l’uomo viene separato dalla divinità che è la fonte della vita.
Ci sono varie interpretazioni di tale
mito, ma tutte concordano con il fatto che a un certo punto avvenne un evento
non ordinario che cambiò lo status dell’uomo, da una situazione superiore e
privilegiata, a una inferiore e svantaggiata.
L’interpretazione della letteratura
giudaico antica, nel libro di Enoch, parla di angeli, i vigilanti angelici che
si ribellarono a Dio e a causa di ciò caddero sulla Terra; lì si accoppiarono
con le donne umane le quali partorirono giganti (detti anche i decaduti) che
diffusero il male nel mondo. L’umanità, che era stata creata immortale, quindi
si corruppe a contatto con questi angeli decaduti e diventò mortale per
punizione divina. Altre interpretazioni, sempre in seno alla cultura giudaico
antica, accusano talvolta Adamo di essere causa dell’accorciamento della vita
della progenie, talvolta Eva come la vera responsabile che portò il peccato e
quindi la morte, in quanto fu lei a cedere alle tentazioni del serpente.
Inoltre le conseguenze di questa Caduta sono talvolta eterne, mentre altre
volte hanno un termine; con il Diluvio secondo alcuni, con una nuova stirpe pia
(quale quella di Noé) secondo altri.
Nell’interpretazione della teologia
biblica cristiana, questo evento è più che altro considerato dal punto di vista
delle conseguenze più che per gli aspetti cosmogonici dell’evento in sé; ad
esempio l’apostolo Paolo denuncia la mancanza di intelligenza spirituale dei
cuori, l’ottusità della mente su questioni spirituali, e che l’uomo è figlio
dell’ira e come tale estraneo a Dio.
Personalmente — ma è una mia personale
opinione e vale come tale — io penso che l’evento della Caduta potrebbe
coincidere con la nascita della coscienza dell’uomo, ovverosia quando nello
sviluppo evolutivo del genere umano, l’uomo abbia messo se stesso come oggetto
dei suoi pensieri e questo, dal punto di vista formale, coincide con il momento
in cui il linguaggio dell’uomo è diventato argomento del linguaggio stesso,
quindi un argomento in sé. Con questo non intendo minimamente demonizzare
l’evoluzione dell’uomo né tantomeno propalare idee anti-scientifiche, ma più
semplicemente sostenere che un tale sviluppo era comunque inevitabile così come
lo era una separazione tra Natura e Uomo che diventa razionalmente cosciente di
sé, pagando quindi il prezzo della perdita di una naturalità primigenia.
Al di là delle interpretazioni del
mito, il Martinismo innesta su questo mito fondativo il concetto di
Reintegrazione Universale, dapprima dell’Uomo nell’Uomo e poi dell’Uomo nel
Divino. Infatti il concetto di reintegrazione implica un recupero di qualcosa
che è andato perduto, e sottintende una possibilità di recuperarlo. Cosa sia
andato perduto è appunto descritto dal mito della Caduta, resta però la
questione se una reintegrazione sia possibile, e quindi indicarne un percorso.
Il Martinismo è un ordine cristiano,
ed è proprio nella figura del Cristo, nominato “Il Riparatore” già da Martinez
de Pasqually, che viene individuato un altro evento non ordinario che riapre la
possibilità affinché una reintegrazione possa essere quantomeno possibile,
simboleggiato dalla Shin che scende sul Tetragramma, lo Spirito Divino che
precipita sul dispiegamento della manifestazione polare, ovverosia il Cristo
che dà la possibilità all’uomo di reintegrarsi con una spiritualità perduta.
Qui sta il punto: tutto ciò è una
possibilità. Per usufruirne serve un atto di volontà del singolo, che parte
dall’Iniziazione e, al principio del cammino, ci si deve fidare del proprio
Iniziatore e dei rituali ricevuti, che a loro volta sono stati ereditati dai
Maestri Passati che li hanno concepiti e sperimentati. Con la pratica
quotidiana e le purificazioni poi bisogna imparare a vedere i segnali del
processo reintegrativo in corso. Del resto tutti i cammini iniziatici sono tali
se provocano dei cambiamenti per cui si diventa innanzitutto diversi da se
stessi, se si sa rinunciare serenamente alle tentazioni mondane che ci rendono
legati alle pesanti questioni terrene, se si alimenta dentro di noi
quell’anelito a ripristinare quella spiritualità naturale perduta con la Caduta
e a ristabilire il legame con la Divinità.
Nel Martinismo, il focus sta quindi
soprattutto sulla risalita, nel ripristino delle facoltà perdute con la Caduta,
più che nella Caduta stessa, che rimane nello sfondo come mito fondativo,
appunto. Nelle varie tradizioni occidentali ci sono già riferimenti alle
possibilità di risalita, quali il sogno della scala di Giacobbe (che
rappresenta un canale di collegamento tra Uomo e Divino), la risalita del
profeta Elia su un carro di fuoco trainato da cavalli di fuoco (merkavà), i
percorsi di risalita lungo l’albero sefirotico dal Regno verso la Corona, ma il
Martismo ne fa proprio l’obiettivo fondamentale.
www.martinismo.net
eremitadaisettenodi@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento