Efesto Iniziato Incognito
“Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura
dei suoi fianchi, la fedeltà” (Is 11,5)
Premessa
“Esiste una Tradizione
che viene definita Universale e Perenne, due aggettivi che indicano chiaramente
la sua esistenza in ogni luogo ed in ogni tempo; cambiano quindi le
manifestazioni esteriori ma non la sua essenza, che in quanto tale è stata
percepita da uomini di ogni tempo e di ogni luogo.” Scrivevo così, più di dieci
anni fa, in quello che allora fu il mio primo tentativo di mettere per iscritto
un pò di pensieri e riflessioni.
Da allora molto tempo è
passato e tante cose sono cambiate, ma riguardando indietro non posso non
notare una strada in un certo qual modo segnata da alcune pietre miliari che
tracciano un percorso a suo modo lineare e coerente. Da allora ad oggi questa
Via è stata punteggiata da grandi e piccole epifanie, “illuminazioni” che
giungono a rendere manifesti concetti e collegamenti tra argomenti
apparentemente assai distanti tra loro.
Nelle varie Arti in cui
mi sono cimentato, uno dei princìpi che ricorre più spesso è quello della
“economia”: nella pratica nulla deve essere troppo, o troppo poco, pena il
fallimento certo. Logico corollario è che nella applicazione di ogni Arte o
disciplina correttamente intesa, ogni
componente, gesto, strumento o accessorio – per quanto apparentemente
irrilevante – ha la sua ragione di essere, e se non la comprendiamo il difetto
è solo nostro.
Ennesima testimonianza
di quanto sopra l’ho avuta riflettendo sugli strumenti che caratterizzano il
Martinismo, ovvero Maschera, Mantello e Cordone.1 Se non chiaro, quantomeno
intuibile era il valore simbolico ed il significato pratico dei primi due, ma
il cordone mi sembrava messo li per fare numero, una sorta di “parente povero”
che al massimo brillava della luce riflessa degli altri due Strumenti.
Quanto mi sbagliassi
comincio a comprenderlo solo ora, grazie ai preziosi spunti di riflessione
sugli Strumenti dell’Arte che mi sono stati forniti, e le note che seguono sono
così un tentativo di mettere ordine su una serie di appunti, senza pretesa di
completezza o esaustività.
Il celato e l’evidente
Ne ”Il Piccolo
Principe”, Antoine de Saint-Exupéry afferma che “L’essenziale è invisibile agli
occhi”, principio condivisibile in molti campi della umana quotidianità, tanto
che – oggi come ieri – le chiavi di lettura dell’insegnamento impartito sono
trasmesse “da cuore a cuore” dal Maestro all’Allievo.
Una modalità di trasmissione individuale che
permetteva di scegliere e dosare tempi e modi, qualità e quantità di quanto
trasmesso, facendo di ciascuno un “unicum” in base alle sue caratteristiche;
Oggi, in tempi di social network e Wikipedia, file pdf che girano il mondo in
un attimo e intere biblioteche racchiudibili elettronicamente nello spazio di
una mano, certe modalità appaiono sorpassate ed anacronistiche, mentre in
realtà conservano intatto, se non aumentato, il loro valore.
Come nel caso de “La
lettera rubata”, racconto poliziesco scritto da Edgar Allan Poe ed avente come
protagonista l'investigatore improvvisato Auguste Dupin, capita spesso che si
cerchi in reconditi anfratti e nascosti archivi ciò che invece è proprio
davanti ai nostri occhi. Nella cerca bisogna Volere, Potere, Osare e Tacere, e
non paia eccessiva o fuori luogo la citazione, poiché basta una veloce ricerca
per constatare come queste qualità siano sempre richieste a Coloro che si
incamminano su sentieri anche assai diversi tra loro.
Ecco insomma, che
all’inizio il Cordone che quotidianamente cingevo al fianco non mi sembrava
altro che un utile accessorio per tenere in ordine l’Alba che indossavo,
sinché, lentamente, si fece sempre più netta la convinzione che dovesse esserci
altro oltre alla funzione pratica che pure è innegabile.
Il primo indizio l’ho
ricevuto quasi per caso grazie alla etimologia delle parole: è stato
illuminante scoprire che per alcuni studiosi i termini “Corona” e “Cordone”
potrebbero avere una radice comune, oltre che una evidente assonanza fonetica:
così come la Corona copre e protegge la zona intraciliare del “terzo occhio”,
così il cordone fa per la zona addominale e del plesso solare.
Un quasi scontato
accostamento è quello al cingolo indossato dai frati francescani, ma non solo.
Nella messa cattolica tridentina, il sacerdote mentre indossa il cingolo prima
della celebrazione eucaristica, recita la seguente preghiera: "Praecinge
me, Domine, cingulo puritatis, et exstingue in lumbis meis humorem libidinis;
ut maneat in me virtus continentiae et castitatis"3 e già da questo si
intende che il valore simbolico del cordone è tutt’altro che secondario.
Al significato simbolico
del cordone, che “lega”, “trattiene”, “unisce” e “delimita” il corpo fisico (e
non solo…) di chi lo indossa, si unisce quello dei tre nodi che ne caratterizzano
una estremità; se nel caso del saio francescano stanno ad indicare i voti di
povertà, castità e obbedienza, al Martinista questi nodi rappresentano altri
voti, che non è qui il caso di esplicitare.4
Concludo rilevando come,
nel Cordone Martinista, ricorra il numero 3: tre giri compie intorno alla vita
di chi lo indossa, con tre nodi è fermato, e tre nodi porta ad una estremità.
Tre volte tre, una cifra dal noto valore simbolico in tutte le sue
declinazioni…. Dictum sapienti sat est.
Forma e Funzione
Spesso per comprendere
meglio un argomento sconosciuto si cercano analogie con altri già noti; nel mio
caso l’immagine del Cordone ha evocato quella della cintura, nelle sue varie
forme e funzioni. Già il fatto che la zona del corpo umano su cui la cintura si
indossa venga chiamata “vita” potrebbe non essere una mera coincidenza, ipotesi
corroborata dalle citazioni che troviamo nella Bibbia:
Il Signore mi parlò
così: “Và a comprarti una cintura di lino e mettitela ai fianchi senza
immergerla nell’acqua”. Io comprai la cintura secondo il comando del Signore e
me la misi ai fianchi. Poi la parola del Signore mi fu rivolta una seconda
volta: “Prendi la cintura che hai comprato e che porti ai fianchi e và subito
verso l’Eufrate e nascondila nella fessura di una pietra”. Io andai e la
nascosi presso l’Eufrate, come mi aveva comandato il Signore. Ora, dopo molto
tempo, il Signore mi disse: “Alzati, và all’Eufrate e prendi di là la cintura
che ti avevo comandato di nascondervi”. Io andai verso l’Eufrate, cercai e
presi la cintura dal luogo in cui l’avevo nascosta; ed ecco, la cintura era
marcita, non era più buona a nulla. Allora mi fu rivolta questa parola del
Signore: “Dice il Signore: In questo modo ridurrò in marciume la grande gloria
di Giuda e di Gerusalemme. Questo popolo malvagio, che rifiuta di ascoltare le
mie parole, che si comporta secondo la caparbietà del suo cuore e segue altri
dei per servirli e per adorarli, diventerà come questa cintura, che non è più
buona a nulla. Poiché, come questa cintura aderisce ai fianchi di un uomo, così
io volli che aderisse a me tutta la casa di Israele e tutta la casa di Giuda
perché fossero mio popolo, mia fama, mia lode e mia gloria, ma non mi
ascoltarono”.
(Dal libro del profeta
Geremia, 13,1-11)
Nella Bibbia, come in
tutti i libri sapienziali, gli insegnamenti sono spesso veicolati tramite
simboli ed allegorie; per il popolo di Israele la cintura era non solo un capo
importante dell’abbigliamento maschile e femminile, ma anche un elemento
fortemente simbolico. La cintura era simbolo di giustizia, di fedeltà, di
verità e come tale la ritroviamo anche in altre citazioni: Isaia, annunziando
il Messia, dice che “fascia dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura dei suoi
fianchi, la fedeltà” (Is 11,5). Nel libro dell’Esodo, agli Ebrei che si
preparano ad abbandonare l’Egitto viene detto: “Mangiatelo in questa maniera:
con i vostri fianchi cinti, con i
vostri calzari ai piedi
e con il vostro bastone in mano; e mangiatelo in fretta: è la Pasqua del
Signore." (Esodo 10,11).
La stessa importanza è
presente tanto nell’Antico Testamento che nei Vangeli e negli Atti degli
apostoli, infatti Gesù, parlando della fedeltà, dice ai discepoli: “Siate
pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese” (Lc 12,35). E San Paolo
raccomanda ai cristiani di Efeso “State dunque ben fermi, cinti i fianchi con
la verità, rivestiti con la corazza della giustizia” (Ef. 6,14). E ancora, nel
famoso episodio della lavanda dei piedi che precede l’istituzione della
eucarestia: "Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e
che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti,
prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel
catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con
l’asciugamano di cui si era cinto" concludendo con una citazione
dell’Apocalisse: “E i sette angeli che recavano le sette piaghe uscirono dal
tempio, vestiti di lino puro e risplendente, e col petto cinto di cinture
d'oro”.
Come si vede da questi
esempi quindi, tanto la cintura, quanto l’atto di cingersi i fianchi era
tutt’altro che banale ma – al contrario – aveva profonda importanza. In Egitto
si faceva un particolare nodo alla cintura delle defunte per metterle sotto la
protezione di Iside (“Libro dei morti”, CLVI) mentre i funzionari governativi
cinesi portavano la cintura come simbolo d'autorità, il pellegrino legava alla
cintura la sacca con le provviste per il suo viaggio e la madre di una sposa,
subito prima delle nozze, fissava una cintura alla vita della figlia per
inaugurare il suo "viaggio" coniugale, che aveva il suo inizio con il
reciproco scambio di cinture fra gli sposi. Presso i Romani la cintura
rappresentava il grado solenne della Milizia, e in generale indicava in chi la
indossava professione militare6 o equestre, poi cavalleresca. La cintura quale
supporto per l’arma bianca prima e da fuoco poi, anche nelle sue diverse
“variazioni sul tema” quali bandoliere e giberne, è ancora oggi propria della
divisa militare e – per traslato – della autorità civile (dalla fascia del
sindaco a quella degli ufficiali, ai collari che sostengono medaglie e
onorificenze).
Nel simboleggiare un
ruolo, possiamo dire – senza temere di esagerare troppo - che la Cintura
identifica il Guerriero7 come la Corona identifica il Re8. Entrambe inoltre
delimitano l’Uomo, l’una rispetto alla Terra e l’altra rispetto al Cielo, non
tanto con funzione separativa quanto come individuazione di un limite da
rispettare e – se del caso – superare.
Infine, se la
cintura/cordone è ricca di suggerimenti simbolici, i nodi non sono da meno. A
quanto già detto nello specifico di quelli presenti sul Cordone Martinista,
aggiungiamo il valore che veniva dato loro sin dalla notte dei tempi; Lao Tze,
nel V° secolo a.C. consigliava: “Gli uomini tornino ad annodare corde al posto
della scrittura" e tanti artisti – da Leonardo da Vinci ad Albrecht Durer hanno
inserito i nodi nelle loro opere. Ancora ricordiamo i nodi protagonisti della
mitologia, da quello di Gordio tranciato di netto da Alessandro magno al nodo
di Iside, che assicurava protezione in vita e nell’aldilà, terminando con il
“nodo Savoia”, conosciuto anche come “nodo d’amore” e ben noto non solo a chi
si occupi di araldica.
Conclusioni
Nelle Arti come negli
Ordini tradizionali, ogni gesto, sia pure all’apparenza insignificante o
banale, ha un suo proprio significato e importanza, sino a diventare “magico”.
Nulla è di troppo e nulla può essere trascurato.
Oggi come ieri,
indossare una cintura come annodare un cordone dovrebbe essere uno dei tanti
atti che ci permettono di riflettere su cosa, come e perché pratichiamo, sul
significato e sulle motivazioni del nostro “fare”. Nel passare dai panni
“profani” a quelli della pratica rituale, stringere il cordone è l’ultimo atto,
è il suggellare una scelta, è il sigillare il vaso affinché l’Opera si compia
senza contaminazione, è il punto di “non ritorno” raggiunto il quale deve
necessariamente trasformarsi il modo di agire, pensare, muoverci e parlare.
Evidentemente, non si
tratta di vestire panni che non ci appartengono; si tratta piuttosto di
esperire la possibilità di ritrovare il contatto con una fratellanza che esiste
aldilà del Tempo e dello Spazio, dal nome cangiante e dai principi immutabili,
in cui ci si riconosce l’un l’altro non attraverso patenti ed attestati di
dubbia autenticità ma grazie ad un sentimento che non può essere
falsificato.
www.martinismo.net
eremitadaisettenodi@gmail.com
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