EFESTO I:::I:::
“La nostra pratica in effetti è un cammino nelle
sabbie, dove ci si deve guidare con la
stella del Nord, piuttosto che con le
orme che vi si vedono impresse. La confusione delle tracce, che un numero quasi
infinito di persone vi ha lasciato, è così grande, e vi si trovano così tanti
sentieri diversi, che conducono quasi tutti in orrendi deserti, che è quasi
impossibile non deviare dalla vera via, che solo i saggi favoriti dal Cielo
hanno saputo fortunatamente scoprire, e riconoscere.”
(Da “Lettere
musulmane Riflessioni sull'Alchimia” di Paolo Lucarelli)
Premessa
Una delle particolarità che ha permesso all’essere umano
il progresso tecnologico oggi raggiunto è quella di imparare dalle proprie
esperienze ed elaborare successi e fallimenti ricercando strategie sempre
migliori rispetto alla situazione che si deve affrontare. Ogni generazione,
almeno sino al secolo scorso, è tecnologicamente partita da dove la precedente
era arrivata. Non è questo il luogo ove imbastire analisi sociologiche sull’argomento,
citato solo per evidenziare quanto questa caratteristica della specie umana sia
riscontrabile in tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana.
Già secoli fa i pellegrini che raggiungevano luoghi
distanti migliaia di chilometri percorrevano sentieri e si ristoravano in
luoghi segnati dal passo di chi li aveva preceduti; oggi navigatori satellitari
e mappe digitali sono alla portata di chiunque grazie a chi ha ideato gli
strumenti per elaborarle o ha effettuato i rilievi necessari per tracciarle. Se
ciò è vero nella nostra vita quotidiana, altrettanto lo è – fatte le debite
differenze – in un percorso spirituale che si sviluppa all’interno di una
realtà organizzata. Quale che sia la struttura gerarchica, la didattica ed il
piano di istruzione e formazione del singolo, queste si baseranno quasi
certamente su una serie di strumenti elaborati e confermati dalle esperienze
passate, con una differenza sostanziale rispetto all’essoterico quotidiano.
Infatti, mentre nella vita di tutti i giorni è necessario elaborare una
comunicazione che sia comprensibile a tutti, lungo una Via spirituale è
opportuno che le informazioni siano “rivelate” a coloro a cui sono destinate e
“velate” a chi invece non deve avervi accesso. Nel primo caso si utilizzano
“segnali” dal significato più o meno condiviso, nel secondo “simboli”, la cui
chiave di lettura è più o meno riservata.
Segni e Simboli
Oggi la conoscenza si
trasmette tramite "segni" intellegibili più o meno a tutti, in tempi
neppure tanto lontani questa era affidata ai "simboli", che
sintetizzavano ed evocavano realtà concrete o astratte solo in chi aveva la
necessaria preparazione. Forse mai come oggi l'evangelico detto "non date perle ai porci" è di
attualità; grazie ad internet chiunque può ottenere in pochi secondi
informazioni o libri costati anni di fatica e, a volte, la vita stessa a chi li
ha studiati. Tra l'avere ed il comprendere però, il baratro è e rimane enorme,
come ben sanno coloro i quali sono consapevoli della necessità di intraprendere
in prima persona il viaggio per giungere alla conoscenza.
Mentre il segno è
oggettivo e non può e non vuole dire nulla di più di quanto esprime, il simbolo
(dal greco syn "insieme" e bàllein "mettere")
è soggettivo, richiama e stimola in ciascuno un significato direttamente legato
alla propria esperienza vissuta. Così il segno della parola "cane"
comunica in chiunque è in grado di leggere il concetto del noto animale
domestico, mentre lo stesso animale può assurgere al simbolo di fedeltà quando
ritrae Argo, il cane di Ulisse così come può indicare pericolo, quando ritratto
con le zanne in mostra sui cancelli di accesso ad abitazione private.
Renè
Guénon, nel suo “Considerazioni sulla via
iniziatica”, così scrive:
Il simbolo, inteso come figurazione grafica, è la fissazione
di un gesto rituale (...). Ogni simbolo produce, in colui che lo medita con le
attitudini e le disposizioni richieste, effetti rigorosamente paragonabili a
quelli dei riti. (...). E' sufficiente che i simboli siano mantenuti intatti
perché siano sempre suscettibili si svegliare, in colui che ne è capace, tutte
le concezioni di cui figurano la sintesi.
Nei secoli passati,
il sapere riservato veniva trasmesso appunto per "simboli", libri
come il "Viridarium Chimicum" di D. Stolcius De Stoncelberg o
"Atalanta Fugiens" di M. Maier possono apparire oggi, ad un
poco attento lettore, come degli intriganti ed un po' roboanti esercizi di arte
grafica, mentre celano invece, nelle loro illustrazioni, una summa di
conoscenze riservata a chi le riesca a interpretare in maniera corretta. Se è
vero quanto sopra, la maggior parte dei simboli, avendo valenza soggettiva,
possono comunicare il loro messaggio solo tra "pari", ovvero tra
persone accomunate da esperienze simili e comparabili ma questo, lungi dall'essere
un limite, è viceversa un modo ed una possibilità per trovare trait d'union
o evocare collegamenti tra esperienze distanti tra loro in termini di spazio e
tempo. E’ altrettanto vero che in un simbolo ciascuno degli osservatori può
trovare significati ed indicazioni affatto personali, magari diversissime da
quelli che lo stesso simbolo evoca ad un’altra persona con esperienze e
formazione diversa. Si può quindi dire che – sotto certi aspetti – non esiste
una interpretazione “giusta” o “sbagliata” a priori di un simbolo, ma solamente
interpretazioni e significati personali, validi per chi li elabora con
sincerità e senso critico.
P. D. Ouspensky, nel suo “Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto”, nel quale riporta la
testimonianza degli otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff,
afferma:
Lo scopo dei 'miti' e dei 'simboli' era di raggiungere i
centri superiori, di trasmettere all'uomo idee inaccessibili alla sua ragione,
di trasmettergliele in forme tali da escludere ogni falsa interpretazione. I 'miti'
erano destinati al centro 'emozionale superiore'; i 'simboli' al centro
'intellettuale superiore'. Per questa ragione, tutti i tentativi per
comprendere o spiegare, con la sola ragione, i 'miti' e i 'simboli', come pure
gli 'aforismi' che danno un riassunto del loro contenuto, sono destinati in
partenza a fallire.
….
I simboli impiegati per trasmettere le idee della
conoscenza oggettiva racchiudevano i diagrammi delle leggi fondamentali
dell'universo, e non trasmettevano soltanto la conoscenza stessa, ma indicavano
anche la via per raggiungerla. Lo studio dei simboli, della loro struttura e
del loro significato costituiva una parte molto importante della preparazione
senza la quale non è possibile ricevere la conoscenza oggettiva, ed era di per
sé un test, perché una comprensione letterale o formale dei simboli rende
subito impossibile ricevere ogni ulteriore conoscenza.
….
un simbolo non può mai essere interpretato in modo
completo; può solo essere sperimentato e vissuto, cosi come deve, ad esempio,
essere sperimentata l'idea della conoscenza di sé.
....
Ognuno di questi sistemi può servire come mezzo per
trasmettere l'idea dell'unità, ma nelle mani degli ignoranti e degli
incompetenti, anche se pieni di buone intenzioni, lo stesso simbolo diventa uno
'strumento di errore'. La ragione consiste nel fatto che un simbolo non può mai
essere preso in un significato ultimo e definitivo.
Le righe che seguono
non rappresentano quindi niente di più che il frutto di personali elaborazioni
dettate da un (voler) vedere similitudini, somiglianze e punti di contatto che
non sono, ipso facto, validi sempre e comunque, ma rappresentano solo
una tra le tante, forse infinite, modalità di interpretazione di un simbolo tra
i più noti.
Quatre de Chiffre
Nel mio personale cammino mi sono imbattuto nel “Quatre
de Chiffre”; i particolari dell’incontro non sono rilevanti per chi legge
queste righe ed è opportuno che – per diversi motivi – rimangano riservati
anche perché non aggiungerebbero nulla alle riflessioni che seguono. Alla
stessa maniera, non riporterò la precisa rappresentazione grafica del glifo a
cui faccio riferimento, essendo lo stesso “personale” e riservato; chi già lo
conosce credo non avrà grandi difficoltà ad individuarlo nella descrizione –
sia pure sommaria – che ne riporterò; chi non lo conosce potrà comunque
ricorrere alle varie immagini disponibili in Rete, più o meno simili al simbolo
specifico a cui mi riferisco. E’ ancora doveroso aggiungere che – per i motivi
già esposti - non verranno riportate dimensioni e proporzioni dei tratti
componenti il simbolo, pur essendo queste fondamentali nell’armonia complessiva
dello stesso.
Il già citato René Guénon, nel suo libro “Simboli della Scienza sacra” così lo
presenta:
“Fra gli antichi marchi corporativi ce n'è uno di carattere
particolarmente enigmatico: è quello cui si dà il nome di “quatre de chiffre”,
perché ha infatti la forma della cifra 4, alla quale si aggiungono spesso
alcune linee supplementari, orizzontali o verticali, e che in genere si combina
sia con vari altri simboli sia con lettere o monogrammi per formare un insieme
complesso in cui occupa sempre la parte superiore.“
Quanto sopra è sufficiente a immaginare quanto inchiostro
si sia versato su un simbolo così particolare; un particolare riportato dallo
stesso Guènon mi è apparso importante ed in qualche modo ha chiarito e
“coagulato” una serie di riflessioni stimolate dall’osservazione di questo
glifo come simbolo della esperienza vissuta, una sorta di “riassunto grafico”
del percorso sulla Via spirituale che mi trovo a percorrere. Scrive infatti il
noto esoterista francese:
“Non ci pare discutibile, infatti, che si tratti
anzitutto di un simbolo quaternario, non tanto a causa della sua somiglianza
con la cifra 4, che potrebbe in definitiva essere solo in certo modo
«avventizia», quanto per un'altra ragione più decisiva: la cifra 4, in tutti i
marchi in cui figura, ha una forma che è esattamente quella di una croce in cui
l'estremità superiore del braccio verticale e una delle estremità del braccio orizzontale
sono unite da una linea obliqua; ora, non si può contestare che la croce, senza
pregiudizio di tutti gli altri suoi significati, sia essenzialmente un simbolo
del quaternario [La croce rappresenta l'aspetto «dinamico» del quaternario,
mentre il quadrato ne rappresenta l'aspetto «statico»]. Un'ulteriore conferma
di questa interpretazione viene dal fatto che vi sono dei casi in cui il
“quatre de chiffre” in associazione con altri simboli occupa palesemente il
posto tenuto dalla croce in altre raffigurazioni più comuni che per tutto il
resto sarebbero identiche.”
Se concordiamo con Guénon, e nel “Quatre de Chiffre”
vediamo un simbolo del mondo sensibile, non possiamo che partire dal basso
nella nostra analisi. Una linea orizzontale, che ho voluto vedere come il piano
materiale su cui noi tutti siamo, su cui operiamo e da cui non possiamo
prescindere, perché chiunque voglia innalzarsi con sicurezza, deve avere i
piedi ben piantati per terra.
Dal centro di questa linea orizzontale sale una linea
diritta, quella che il Guénon descrive come il braccio verticale della croce e
che potrebbe intendersi, alla luce del particolare punto di vista che ho
attribuito al glifo in questa analisi, come una rappresentazione
dell’innalzamento dell’Uomo verso il Divino. Questo asse verticale è
attraversato ortogonalmente da una linea orizzontale, più breve e parallela a
quella di base. Diversi, e non necessariamente in contrasto tra loro, i
significati che gli si possono attribuire: il primo che mi viene in mente è
quello di una barriera, non tanto intesa come un blocco “sine qua non” ma piuttosto
come un momento di verifica, da compiersi su sé stessi e da accettare quando
eseguito da altri che sulla Via ci guidano. Per chi è parte del N.V.O. questa
potrebbe essere la meditazione richiesta al postulante per saggiarne costanza
ed intenzioni, pratica tanto semplice all’apparenza quanto selettiva in
sostanza; tanti facili entusiasmi svaniscono di fronte questa prima pratica,
utilissima al viandante per fare luce sui suoi lati oscuri. Al pari dei
limitatori di velocità che ogni tanto si incontrano sulle nostre strade
asfaltate, questa linea ci rallenta senza fermarci, ci consiglia cautela ed
attenzione, ci permette di vedere il traguardo all’orizzonte rendendoci
consapevoli delle asperità del percorso.
Superata questa barriera, si è “oltre” e si procede verso
la sommità della linea verticale, verso un punto graficamente individuato ma
virtualmente a distanza infinita, verso una tappa provvisoria piuttosto che
verso un traguardo definitivo, essendoci sempre la possibilità di squadrare
meglio le pietre con cui edificare il nostro Tempio interiore. Da questo punto
si scende in diagonale, lungo una linea che ci riporta verso il basso ma ad una
altezza maggiore sia rispetto alla linea di partenza che a quella intermedia.
Possiamo leggere questo particolare come lo stato di colui che è stato
regolarmente Iniziato e che non può e non deve tornare ad essere al livello dei
profani; non una condizione in cui crogiolarsi perché acquisita una volta per
sempre quanto piuttosto un livello a cui ci viene chiesto ed abbiamo scelto di
essere.
Dal punto in cui termina la diagonale discendente parte
infatti una linea orizzontale più lunga delle precedenti, che ancora una volta
interseca la linea verticale; è l’asse orizzontale della croce, è il simbolo
del nostro agire “qui ed ora” nel mondo materiale ma secondo i Principi
spirituali che abbiamo fatto nostri. Come si legge nel Vangelo di Giovanni,
“siamo nel mondo, ma non siamo del mondo”, e questa consapevolezza dovrebbe
accompagnarci in ogni momento della nostra vita, dal risveglio mattutino alla
retrospezione serale, in cui analizziamo il nostro agito.
Al termine di questa lunga linea orizzontale una breve
linea verticale, alle cui estremità appaiono due triangoli, punte di freccia
che sembrano indicare due direzioni opposte
o – piuttosto – complementari; “Come
in alto, così in basso” si potrebbe interpretare citando Ermete
Trismegisto; altri potrebbero leggervi uno sprone a “Edificare templi alla virtù e scavare prigioni al vizio”; altri
ancora potrebbero interpretare questo particolare come la necessaria condotta
per poter compiere la reintegrazione dell’Uomo nell’Uomo e dell’Uomo nel
Divino. A ciascuno il suo, come si suole dire, ed ai pronti l’Opera.
Analizzate le varie componenti, dedichiamo qualche
ulteriore riflessione al glifo nel suo complesso, riportando una ulteriore
riflessione del Guénon sulla croce, che – come in precedenza – possiamo
utilizzare come utile suggerimento per la nostra analisi:
“Se il centro della croce è considerato come il punto di
partenza delle quattro braccia, esso rappresenta l’Unità primordiale; se invece
lo si considera come il loro punto di intersezione, non rappresenta che
l’equilibrio, riflesso di questa Unità. In questo secondo significato, è
designato cabalisticamente mediante la lettera scin, la quale posta al centro
del tetragramma הוהי, le cui quattro lettere figurano
sulle quattro braccia della croce, forma il nome pentagrammatico הושהי, sul significato del quale non insisteremo qui, non
avendo voluto che segnalare questo dato di sfuggita. Le cinque lettere del
Pentagramma si pongono alle cinque punte della Stella Fiammeggiante,
figurazione del Quinario, che simboleggia più particolarmente il Microcosmo o l’uomo
individuale. La ragione di questo è la seguente: se si considera il Quaternario
come l’Emanazione o la manifestazione totale del Verbo, ogni essere emanato,
sottomultiplo di questa emanazione, sarà ugualmente caratterizzato dal numero
quattro; esso diventerà un essere individuale nella misura in cui si
distinguerà dall’Unità o dal centro emanatore, e abbiamo appena visto che
questa distinzione del Quaternario dall’Unità è precisamente l’origine del
Quinario.“
(da “Osservazioni sulla Produzione dei Numeri”,
Pubblicato in “La Gnose”, giugno – luglio -agosto 1910 ed inserito nella
raccolta postuma “René Guénon, Melanges” edizioni Gallimard, 1976. Tratto da
"Martinismo e Via Martinista". edizioni Lulu)
Emerge dal testo citato un ulteriore rafforzamento del
simbolo della Croce con il numero 4; un quattro che peraltro non va inteso in
maniera “statica”, ma piuttosto “dinamica”, ovvero come “punto di partenza”
verso una successiva evoluzione quinaria. Una visione dinamica che l’esoterista
francese propone anche per la stessa Croce, che nel simbolo dello swastika
esprime una rotazione intorno al suo centro. Immaginando ora di ruotare di 180
gradi il nostro “Quatre de Chiffre” possiamo notare che questo sembra tracciare
quasi alla perfezione il percorso della Croce cabalistica che apre e chiude i
rituali individuali del N.V.O. Questa considerazione suggerisce ulteriori
approfondimenti, che non è qui il caso di analizzare, ma che certamente offrono
non pochi spunti di riflessione.
Questo “capovolgimento” ci riporta in qualche modo al già
citato “Come in alto, così in basso”
di Ermete Trismegisto, e non solo per effetto della rotazione, ma anche per via
delle modalità con cui solitamente il “Quatre de Chiffre” viene tracciato. Se
infatti la nostra analisi è partita dalla base per poi salire e poi
ridiscendere e spostarsi di lato, è pur vero che nel disegnare questo simbolo
quasi tutti tracciano l’asse verticale principale partendo dall’alto e
scendendo in basso, quasi ad esprimere graficamente una ipostasi in cui il
Divino “scende” verso l’Umano. Anche in questo caso si potrebbe partire da
questa considerazione per sviluppare ulteriori riflessioni, anche ricordando
che in diverse culture – come quelle asiatiche o arabe – il senso della
scrittura è contrario al nostro.
Una ulteriore riflessione può essere spesa partendo dalla
immagine di una croce i cui quattro raggi rappresentano quattro emanazioni
ortogonali che partono da uno stesso centro; quattro raggi che potrebbero
essere visti come le “direzioni” in cui procedere per consolidare i quattro
principi operativi di Volere, Potere, Osare e Tacere che dovrebbero informare –
sia pure in modi diversi in funzione della Via spirituale scelta – ciascun
esoterista. Me se questa analisi sembrerebbe suggerire – in una visione errata
e limitativa – un progressivo allontanamento dal centro, dobbiamo invece
considerare che lo scopo del Martinista è quello della Reintegrazione, la
consapevolezza dell’ “En to Pan”, che Tutto è Uno deve sempre guidarci nella
nostra pratica per comporre i pezzi separati (e questo vale tanto per il
singolo viandante che opera sui suoi tanti aspetti animici, psicologici ed
egoici, che per le tante, troppe, divisioni che spesso affliggono Ordini e
strutture esoteriche…). Questa composizione è la “cerchiatura del quadro”, è la
circonferenza che tutto (etimologicamente) comprende, una circonferenza
presente nella Croce cabalistica prima citata e che nel “Quatre de Chiffre”
possiamo vedere stilizzata tanto nel tratto obliquo che unisce due estremi
ortogonali, che nel percorso suggerito dalle due frecce dalle direzioni opposte
(o complementari?) presenti al termine del tratto verticale nel lato opposto.
Conclusioni
Forse abbiamo detto troppo, certamente molto altro ci
sarebbe da dire. Ma come sempre, l’accorto viandante fa tesoro delle
indicazioni di chi lo ha preceduto ma sceglie da sé la sua strada. Oggi come
ieri non mancano gli Strumenti giusti per chi voglia cercare, ed è a costoro
che speriamo di essere stati utili con queste modeste riflessioni.
www.martinismo.net
eremitadaisettenodi@gmail.com
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