Ermes Superiore Incognito
Un rituale è un insieme sistematico di gesti
parole, frasi ad alto contenuto simbolico finalizzato a predisporre
l'officiante a un diverso atteggiamento e impostazione spirituale.
Il rituale ha quindi sempre un fine e uno scopo e
non è mai fine a se stesso. Solitamente un rituale è connesso ad un mito
specifico nel quale si viene ad identificare meglio il messaggio contenuto e
meglio si riesce a percepirne la verità nascosta.
Per raggiungere l'obbiettivo prefissato dal rito è
necessario eseguirlo fasi successive che avranno diversa valenza e complessità.
Anche un gesto scaramantico se ripetuto ogni volta
in determinate circostanze assume la valenza di rito a scopo apotropaico.
Nell'ambito invece delle tradizioni iniziatiche i
rituali si diversificano a seconda del grado nel quale vengono eseguiti.
Ogni rito non a sfondo apotropaico ma evocativo o
d'iniziazione si svolge obbligatoriamente in tre fasi: apertura, evocazione
(iniziazione) e chiusura.
Nella prima fase è opportuno utilizzare oggetti
che coinvolgano l'uso del corpo e del movimento; in questo modo l'attenzione si
rivolge a ciò che stiamo compiendo estraniandoci dal mondo volgare e materiale.
Il primo passo verso un universo interiore nel quale, alla profondità,
corrispondono infiniti spazi infiniti.
La fase evocativa non cercherà in questo modo un
dio esterno a noi, ma riuscirà a contattare quelle scintille divine che
albergano in ognuno di noi.
Nel rituale giornaliero martinista dopo la recita
dei salmi che ci guidano in un preciso percorso coprendo i concetti di Luce
(In principio erat verbum...), di presentazione e riconoscimento della
nostra eggregore (Ecce quam bonum et quam iucundum abitare fratres in
unum...), di promessa per un risultato certo delle nostre azioni
( Beatus vir...) e di benedizione
sulla nostra fratellanza (Ecce nunc benedicite dominum...),
evochiamo le essenze angeliche scorporandole dal nostro essere chiedendo
protezione.
Una tripla protezione da: noi stessi, gli altri e
per gli altri; affinché la superbia, l'ingordigia, l'ira,
l'accidia, l'avarizia, la lussuria e l'invidia dentro
e fuori di noi non alimentino lo spirito dei tempi rendendolo sempre più
invivibile per noi e per le generazioni future.
Un'operazione spirituale potente con un grande
potere di cambiamento che, anche se non lo vediamo, sappiamo essere stato
lanciato ad aleggiare e a contrastare l'opera delle umane bassezze che inquina
le nostre esistenze.
La chiusura consente di tornare nella dimensione
terrena.
Più forti di prima? Direi di no.
In questa operazione doniamo e quindi ci priviamo
di qualcosa, ma proprio la capacità di recuperare queste energie disperse,
questo gesto di grazia, allena quelle parti noi che altrimenti si
atrofizzerebbero, smorzandosi fino a spegnersi come un corpo malato senza
difese immunitarie.
Più doniamo e più riceveremo.
Un rito come il nostro insegna ad affidarci alla
parte migliore di noi stessi che altrimenti si perderebbe nella spazzatura che
la vita di tutti i giorni ci fa inghiottire e continuerà a tentare di farci
inghiottire presentandocela come un cibo prelibato, se non ci mettiamo nella
posizione di diventare osservatori critici di noi stessi decidendo cosa è
meglio fare o non fare.
Un fratello massone mi disse un giorno che il
martinismo non faceva per lui perché non se la sentiva di fare il chierichetto.
Quello che per lui era un disonore, ovvero di compiere un rito quotidiano per
me era un atto d'umiltà verso me stesso e di fratellanza verso gli altri,
quindi l'atto più grande che potessi compiere, che mi portava esattamente dalla
parte opposta da quella indicata dall'ombra della superbia che serve solo a
pompare quell'ego che acceca ogni nostro gesto.
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eremitadaisettenodi@gmail.com
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