domenica 7 maggio 2017

XIX. LA VENDETTA (un anno un percorso)



Carissimi Fratelli,

Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir. 
E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni". 
Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.

Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana. 
Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.



XIX. LA VENDETTA

" Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi odiano;: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per quelli che vi ingiuriano. "(Luca VI, 27. 28)

Nessuno subisce odio o insulto senza averlo meritato. I giudizi delle creature sono sempre discutibili; la giustizia del Creatore è infallibile; essa è l’equilibrio stesso dell'universo, nel fisico, nel morale e nello spirituale. Se non vedo motivo di questo odio o di questi insulti, significa solo che io sono miope; e che devo perdonare comunque tutti, perché non si spegne un incendio gettandovi della legna.
Salomone enunciò, e l'apostolo dei Gentili lo ripete: "Se il tuo nemico ha fame dagli da mangiare; se ha sete dagli da bere; in questo modo, tu aggiungerai carboni ardenti sulla sua testa.". Forse i duri rabbini vi hanno visto  una raffinata vendetta immateriale; forse i Padri della Chiesa greca credevano che bisognasse essere impassibili innanzi ai nostri nemici, in modo da attirare l'intera furia della loro collera. L'autore della Vulgata è ancor più cristiano quando pensa che questi carboni bruciano del solo fuoco della vergogna e del rimorso. Sì è doloroso il perdono a cui costringo il mio lacerato amor proprio,  è una luce che si posa sul cuore del mio avversario, e più tardi germoglierà nel rimorso, nel pentimento e nella penitenza.
Io sono offeso perché sono vulnerabile. In me persiste il desiderio tenace dell'amicizia, dell'onore, del rispetto e del possesso. Vorrei che gli altri mi credessero superiore. Se niente ha maggiore  importanza che obbedire a Dio, chi potrebbe dunque ferirmi? Quale demone, quale uomo, quale divinità? E non c'è forse una sola amicizia leale, in ultima analisi, che sempre si accresce? Non è quella del mio Signore Cristo?



OSSERVANZIONE: Conservare, malgrado tutto, la serenità del viso, dei sentimenti e del pensiero.

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