Carissimi Fratelli ed Amici Fraterni,
In occasione di questo nascente nuovo anno vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir.
E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".
Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.
Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.
Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.
II. LA PIGRIZIA
"Per quanto riguarda il
servo inutile, gettatelo fuori nelle tenebre." (Matteo XXV, 30)
Esiste una pigrizia profonda che impedisce persino di
ricercare il piacere. Esiste una
pigrizia più comune, che desidera solamente evitare i lavori più noiosi.
La prima è pressoché incurabile. La seconda si può
guarire.
Molti sono costretti ad un lavoro macchinoso e fastidioso
che soffoca i loro slanci. Si tratta di schiavi, senza dubbio; ma lo schiavo
più miserabile, non è forse quello che si crede libero? E non sarò forse io
quello stolto?
Io so, intanto, che qualsiasi lavoro mi può essere
proficuo. Il mio disgusto sarà giustificato? Se giudico il mio lavoro indegno
di me, non sarà perché ne comprendo male il significato? Ho voluto veramente
innalzarmi fino al mio sogno? Bisogna, dunque, che io osi intraprendere
qualcosa di nuovo; se non ho questo coraggio, questa sicurezza, allora mi tolgo
il diritto di lamentarmi. Lamentarsi è indebolirsi. Impaperò quindi la lezione
della rassegnazione.
Sono io troppo superbo per accettare le mie difficoltà
quotidiane senza lamentarmi? Per vincere la cattiva sorte, bisognerà che vinca
me stesso.
E Tu, o Cristo.. Tu, costruttore dei mondi, tu hai ben
maneggiato la fresa e la pialla; Tu, che nutri l’universo, Tu ti sei seduto
alla tavola degli uomini; Tu, che tutto sapevi, con quale pazienza hai
ascoltato e ascolti ancora le nostre chicchere? Tu che possiedi tutto e non hai
bisogno di niente, non sei forse disceso, non hai sofferto, non ti dedichi
senza sosta allo stesso eterno compito, al quale le nostre cattive volontà
obbligano il tuo Amore?
OSSERVANZA: Lottare contro tutte le inerzie, in me e fuori di me.
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