domenica 17 dicembre 2017

LII. PERFEZIONE (UN ANNO UN PERCORSO)




Carissimi Amici,

Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir. E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.


LII. PERFEZIONE

"Siate perfetti come il Vostro Padre celeste è perfetto." (Matteo V, 48)

Essa non risiede né nell’impassibilità, né nello spregio delle opere della Natura, né in una vita particolare, né nelle attente osservanze della pietà, né nelle lunghe preghiere, né nelle penitenze corporali, né negli scrupoli, né nell’attaccamento cieco alle proprie opinioni spirituali, né nelle estasi, né nel dono dei miracoli.
La perfezione risiede nella conformità della mia volontà alla volontà di Dio, e nel potere di disciplinare il mio corpo, il mio cuore e la mia intelligenza a questa osservanza.
Essa è accessibile a me, come a tutti. Dio sceglie come profeti, come veggenti, come taumaturghi, le persone il cui corpo fisico e psichico possiede alcune proprietà speciali. Ma ognuno di noi ha un cuore che può essere purificato, e un Io a cui può rinunciare.
Dio si offre a me. Io mi devo donare a Lui; per mezzo della mia volontà, il cui principio è l’amore, io inizio a donarmi; io mi perfezionerò attraverso le mie azioni. Il mio primo impegno sarà quello di purificare il mio cuore. Il mio secondo impegno sarà quello di purificare tutto il mio essere, seguendo le indicazioni della vita.
La perfezione è l'assoluto. Io non posso che tendere verso  di essa, ma per tendere ad essa, devo superarmi senza sosta. La perfezione è il completamento di me; ma poiché io sono un essere umano, la mia suprema realizzazione è in Dio e in Dio solo. La perfezione non è l’immersione nell’oceano dell’Indefinito; non è neppure  l’esaltazione dell'individualità: essa è lo sviluppo fino al loro limite di tutte le mie qualità, poi giunge la discesa in questa perfezione naturale della Perfezione soprannaturale che viene non per distruggerla, ma per crearla nuovamente:  non per ingrandirla ulteriormente, ma per trasmutarla, per trapiantarla in questa bella e pura terra che si chiama Vita Eterna.
La perfezione si chiama Gesù Cristo: il cammino della perfezione è Gesù Cristo: la forza per seguire questo cammino è Gesù Cristo, unità singolare, molteplicità innumerevole, sogno inconcepibile, realtà indistruttibile. Ecco l'obiettivo dell'Universo, ecco l'obiettivo della mia esistenza.


OSSERVANZA: Ogni volta che sentirò battere l’ora, chiederò a Dio di illuminarmi con il Suo Amore.


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domenica 10 dicembre 2017

LI. L’INSUBORDINAZIONE (UN ANNO UN PERCORSO)




Carissimi Amici,


Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir. E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.


LI. L’INSUBORDINAZIONE

"Caricatevi il mio giogo; Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero. " (Matteo XI, 29, 30)

Le resistenze, i rifiuti, le discussioni, i volti ostili, le impazienze, gli ammutinamenti, i mormorii, gli allontanamenti, le ribellioni, le rivolte sono diversi aspetti della stesso spirito di personalismo. L'essere umano, gli dei stessi e il verme della terra nascono tutti qui in basso per imparare ad obbedire. Dio è un padre di famiglia che chiede ai suoi figli la loro docilità, non per Se stesso, ma per  essi stessi. Egli sa che la rivolta li conduce alla perdizione. Quando è certo della loro sottomissione, gli rende loro la libertà; ancor di più, Egli si fa loro servitore.
Considerando in profondità le cose, è da Dio che tutto proviene. Il re, il ministro, il poliziotto, il capomastro, nessuno avrebbe alcuna autorità su di me, se Dio non gliela avesse donata in modo più o meno mediato. Ancora una volta sono io stesso, ciò che ero in precedenza, che ha donato il mio essere oggi ai capi a cui sono sottomesso.
Se le mie incarnazioni passate sono quelle per cui io adesso mi trovo sotto il giogo dei regole oppressive, di chi la colpa? Se la legge che mi tiranneggia mi sembra ingiusta, la mia rivolta non farà altro che stringere ancor di più la presa; e la mia vittoria temporanea contro di essa causerà una tirannia ancora più dura. Una violenza non è distrutta da una violenza contraria; essa cambia solo di forma. L'esecuzione di un assassino non purificherà il suo cuore: qualcosa di altro è necessario per questo.
Se io sono sufficientemente maestro di me stesso per obbedire, senza sforzo, a qualsiasi ordine, nessuno avrà più il potere di comandarmi. La Vita mi domanda l'obbedienza solamente perché la rivolta abita ancora in me.
E, maggiormente sarò giunto alla perfetta obbedienza, all’obbedienza degli Angeli, questa potrebbe anche essere di dover obbedire a degli ordini illegittimi in apparenza, per offrire ai rivoltosi un esempio vivo e puro. L’innocenza sola è veramente creatrice.

OSSERVANZA: Se voglio crescere più velocemente, oltre ai miei superiori cercherò di obbedire ai miei pari e anche i miei inferiori.




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L. LA MALINCONIA (un anno un percorso)



Carissimi Amici,

Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir. E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.


L. LA MALINCONIA

"Quando digiunate, non abbiate un aspetto malinconico" (Matteo VI, 16)

La malinconia è una inappetenza del desiderio, per fatica, per delusione, per debolezza; ma è anche il risultato di una ricerca troppo ardua, di esperienze temerarie; o di una vita meccanica, o della difficoltà a realizzare un sogno, o la bruttezza dell’ambiente, o una rinuncia  che non si fonda più sull'Amore.
Il brio che agevola le faccende quotidiane è l’alcool versato da geni compassionevoli, che mi permette di superare le preoccupazioni; perché io non sono ancora abbastanza coraggioso da lavorare per puro dovere. Questa è la mia mancanza, ahimè! l'attrazione fallace dei miei desideri; essi trasfigurano le ceneri e donano corpo ai vapori.
Ma gli occhi chiusi per molto tempo restano doloranti. Non dobbiamo prendere in giro il triste sognatore, né l'indolente o il pigro. Ogni  creatura  lavora, qualche volte a suo malgrado, ma comunque lavora. E ci sono più lavori di quanto io possa rendermi conto. Io dunque non giudicherò coloro che sono improduttivi; Cercherò piuttosto di essere due volte produttivo.
La gaiezza è traboccante di forze; è il segno di una salute fisica e morale. Io devo controllarmi affinché mai nessuno noti la mia tristezza; Non devo attendermi la consolazione che dal Consolatore. La mia tristezza non sarà sostituita che da altra tristezza, se io la contrasto solamente con allegria o distrazioni esteriori. Ci si libera del debito pagandolo, e non negandolo.
Essere sensibili al fallimento, non è saggio. Se ho lavorato per me stesso, il fallimento è una grazia, in quanto mi mostra la mia vanità. Se ho lavorato per un ideale, ho fatto tutto il necessario? E Dio non conosce, meglio di me, quanto  mi è maggiormente conveniente?

OSSERVANZA: Donare la mia vita, se voglio ottenere nella vita.


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domenica 3 dicembre 2017

XLIX. LE APPARIZIONI DI CRISTO DOPO LA SUA MORTE (un anno un percorso)




Carissimi Amici,



Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir. E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.


XLIX. LE APPARIZIONI DI CRISTO DOPO LA SUA MORTE


"Io sono con voi fino alla fine del mondo." (Matteo XXVIII, 20)

Il come e perché reali delle visite che il Maestro fece ai suoi discepoli dopo la Sua risurrezione, sfuggono alla mia intelligenza. Io so solamente che i testimoni non furono colpiti da allucinazioni, che non si tratta di leggenda, neppure di fenomeni come quelli che sono in grado di produrre i medium, gli ipnotizzatori e i maghi; poiché la potenza in Gesù è soprannaturale, e questi ricercatori, anche se intrepidi ed animati da un impulso ammirevole per il sapere, non possono comprendere che le forze naturali.
La realtà storica della risurrezione è dimostrabile. Ma di essa mi deve  importare poco, o  il Cristo che io immagino non è il vero Cristo. Per quale motivo io devo fare delle congetture, dato che io so che Lui può fare tutto? Il suo Spirito si libra in eterno; Egli è presente alle nascite, alle morti, alle riconciliazioni. E’ tramite di Lui, che lo sconosciuto di passaggio mi trasmette una sensazione che mi commuove così dolcemente. È sempre Lui che dona con un colpo d’occhio, apparentemente per caso, la virtù miracolosa di condurre la mia anima alle spiagge della Bellezza eterna. E‘ tramite di Lui che il sorriso di un bambino, o di un anziano, fa cadere dalle mie spalle il manto glaciale della disperazione o delle preoccupazioni. Si il desiderio di Gesù mi anima, ovunque io riceverò delle apparizioni di Gesù.
So che Cristo può sorgere innanzi a me, non mi importa sotto quale aspetto, Egli mi può apparire nel sogno e nell’estasi, Egli può farsi vedere in carne ed ossa, in più luoghi contemporaneamente, e in diversi mondi; Egli è il Maestro; Egli comanda a tutte le sostanze e a tutte le forme. E' ovunque, ed è accanto a me, con tutto il Suo Cielo; ma che io almeno non chiuda i miei occhi,  e neppure il mio cuore al meraviglioso incontro.

OSSERVANZA: Io mi educherò a pensare che tutto mi può trasmettere una parola di Gesù.


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domenica 26 novembre 2017

XLVIII. L’IMPAZIENZA (un anno un percorso)





Carissimi Amici,


Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir. E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.


XLVIII. L’IMPAZIENZA

"Possiederete le vostre anime con la vostra pazienza. "(Luca XXI, 19)

Tutti gli eventi che il destino tesse con la stoffa della mia esistenza sono degli esercizi per sviluppare le mie facoltà. Quando un obiettivo mi interessa, quando io credo raggiungendolo di toccare una profonda gioia, mi sento capace di sforzi sovrumani. Questa energia è quella dell’egoismo. Dovrei essere in grado di svilupparmi attraverso degli obbiettivi che non mi procurano beneficio. Il regista perfetto agisce con tutto il suo potere, come l'ambizioso, ma rimane impassibile davanti al fallimento e innanzi al successo.
L'impazienza è una perdita di forza. Nasce da un ostacolo esterno o dalla mia goffaggine, non porta altro che a ritardare il risultato che perseguo, perché disturba la chiarezza della mia ragione, e talvolta anche quella dei miei sensi; e il suo gorgoglio, che si richiama al futuro, rende più amara la disillusione che seguirà al mio successo egoista.
Io sono legato  dalle catene del tempo, dello spazio e della materia; Non posso niente che da esse non mi sia permesso. E sovente esse sono vantaggiose per me, perché spesso il miraggio della felicità avida, verso cui io mi precipito, si trasforma in sofferenza quando lo raggiungo. Ma il bambino non crede ai consigli materni; bisogna che si bruci per conoscere il fuoco.
"Il tempo non rispetta altro che quanto noi facciamo in sua assenza.". La pazienza, quella che è  rassegnazione, perseveranza, costanza, tolleranza e indulgenza, è la virtù più efficace per rendermi padrone di me stesso. Essa richiede a tutti, che come me sono impazienti, l'attitudine di immutabilità, concede alle mie facoltà il tempo per crescere, soprattutto a quelle di cui nemmeno sospetto l'esistenza; essa permette di andare a fondo ad ogni lezione di vita. Essa è, sostanzialmente, l'unità assoluta della mia volontà.

OSSERVANZA: mi obbligo a essere gentile con tutti.





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domenica 19 novembre 2017

XLVII. LA CRITICA (una anno un percorso)




Carissimi Amici,




Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir. E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.

XLVII. LA CRITICA

"Non giudicate, affinché non siate giudicati." (Matteo VII, I)

Nessuna critica attira le simpatie; anche se le sue osservazioni sono giudiziose, ben pochi le accettano. Eppure l'uomo modesto sa trarre profitto dalla parzialità; uno sguardo invidioso o sprezzante mi sarà sempre utile, perché la volgarità è conosciuta dal volgare. L'indulgenza non vede il male.
Se le circostanze mi hanno posto nella condizione, a mia volta, di giudicare qualcuno dei miei fratelli o qualcuna delle loro opere, io so che l’Amore mi suggerirà altri metodi. Io so, per esempio, che l'Amore non distrugge; esso costruisce nelle vicinanze; che né le parole né gli scritti hanno la forza trascinante dell’esempio; che la vera umiltà, che la convinzione intima della mia ignoranza e della mia goffaggine, se mi impediscono di vedere il male in azione di altre persone, mi permettono di scoprire i contorni di una nuova bellezza, il germe di una forza che si ignora. E queste scoperte positive sono più importanti dei graffi e delle picconate del critico demolitore. Questo aggiunge al miasma altro miasma, turbamenti ad altri turbamenti, crepe in un muro che già vacilla.
Io non devo permettere a me stesso l’intolleranza; io devo rispettare la libertà altrui, anche se sono abbastanza forte per contraddirla. Perché la mia opinione sarebbe la migliore, dal momento che il numero delle probabilità e delle possibilità è infinito? Se un senso di critica sorge in me, mi metterò al posto del mio fratello, mi figurerò il suo stato d'animo, le sue motivazioni, il suo temperamento, e il suo ambiente. Questo sarà uno studio istruttivo, e un passo avanti verso la padronanza di me stesso.
Così ho imparerò  a scoprire il male nel bene che mi attribuisco, e il bene nel male che vedo in altri.


OSSERVANZA: Essere tollerante; cercare il bene e mostrarlo.


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domenica 12 novembre 2017

XLVI. IL DISPREZZO (un anno un percorso)


Carissimi Amici,


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XLVI. IL DISPREZZO

"Non date ai cani ciò che è sacro." (Matteo VII, 6)

Possiederei io tutta la scienza e tutti i talenti, se io disprezzassi gli inferiori, gli emarginati, i poco intelligenti? O dimostrerei solamente la mia follia e la mia aridità di animo? Da cosa, infatti, dipendono la mia fama, il mio successo? Da un centigrammo di fosforo o ferro nel mio corpo, da una parola, da un incontro, da un gesto di mio angelo custode, dalla devozione segreta di qualche amico sconosciuto visibile o invisibile? Che cosa posso sapere?
Se vivo in basso o ai margini della società, io non ho più nessun diritto di disprezzare gli inferiori. Ogni cosa ha una ragion d’essere. La confusione non è che un’apparenza che ha origine dalla nostra condizione, non è la realtà. Tutti, ricchi, poveri, buoni, cattivi, intelligenti, rudi, siamo come a scuola; se ci prendiamo in giro l'un l'altro non comprendiamo l'insegnamento; bisognerà recuperare le ore dissipate e pagare la disobbedienza.
Se io mi credo giusto ed innocente, divento più sensibile alle piccole punture dell’amor proprio. Ma se io comprendo la mia nullità, ecco che io vedo quanto è complessa la mia personalità, incoerente, anemica, come non mia, e così gli attacchi non mi colpiscono più; saranno come una lacrima sui  miei vestiti, come una spina nel mio dito; ma io non mi irriterò più; io proseguirò con buon umore la tonificante passeggiata nella vasta foresta del mondo.
Gli umili fanno ancora meglio; essi ringraziano il Padre; essi sanno che in ogni sofferenza c’è un poco di impurità che se ne va; c’è un poco di tenebra che il sole scaccia. Un tale eroismo spaventa il mio pauroso coraggio, io mi asterrò dal credermi superiore, e io accetterò tutti gli attacchi con un sorriso di abbandono e di amore.


OSSERVANZA: Essere buono con tutti, anche con quelli che io credo indegni.


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domenica 5 novembre 2017

XLV. L’ASCENSIONE (un anno un percorso)




Carissimi Fratelli,




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XLV. L’ASCENSIONE

"E mentre che li benediceva, si separò da loro e veniva portato su nel Cielo." (Luca XXIV, 51)

Ecco una cometa che parte dalle inesplorate profondità dello spazio; essa scende verso le orbite inferiori, circumnaviga una  stella e risale verso le orbite superiori, seminando ovunque nuove forze di regolazione e di riorganizzazione. Allo stesso modo il Verbo discende fino alle profondità della Natura, promulga il precetto, dona l'esempio, e ritorna verso la sua Dimora, attraverso una nuova strada che Egli stesso ha tracciato, e da cui passeranno nel futuro tutti coloro che Egli avrà chiamato durante la Sua corsa.
L’Ascensione completa l’opera messianica. Giammai l'uomo, anche se avesse sostenuto tutte le prove, avrebbe ottenuto il passaggio da coloro che controllano il nero inferno o il paradiso luminoso. I ribelli che bramano il suo corpo o la sua mente avrebbero sempre ideato nuovi ostacoli o barriere insormontabili. Ma Cristo ha aperto un sentiero segreto: Egli ha messo dei ponti sui precipizi, e posto dei soccorritori lungo i passaggi pericolosi.
Non c’è un momento in cui l'uomo cammini senza guida; Non uno dei suoi atti avviene senza l'aiuto di collaboratori invisibili; Non una delle sue lacrime non viene deposta, come una preziosa gemma, ai piedi di Gesù; Non una delle sue preghiere che non sia trasmessa di sfera in sfera al trono eterno.
Così l'Ascensione, che per l'esegeta è solo una leggenda, e per l'esoterista il simbolo delle fasi finali dell’adeptato individuale, appare a colui che conosce Gesù come l'ultimo segno della Sua attenzione e il supremo sforzo della Sua misericordia. Possa tutta l'umanità impegnarsi in uno slancio su questa strada benedetta, e in un volo trionfale raggiungere al più presto questa unica cima, che sta sopra tutti, al di fuori tutto, e tuttavia è ovunque contemporaneamente.


OSSERVANZA: In ogni minuto libero, io mi ripeto che Gesù mi chiede di seguirlo.



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domenica 29 ottobre 2017

XLIV. LA PAURA DELLA MORTE (un anno un percorso)



Carissimi Fratelli,


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XLIV. LA PAURA DELLA MORTE

"Chi ascolta la mia parola ha la vita eterna." (Giovanni V, 24)

Quello che spaventa nella morte è meno l’ansia dell’incognito, che la rottura dei mille e mille legami che legano a questo mondo il corpo, la sensibilità e il carattere. Allora si mostra la forza dell’abitudine e della dipendenza. Sembra che perdiamo per sempre tutto ciò che amiamo. E questo malgrado gli innumerevoli soggiorni là dove i paesaggi sono più belli, gli esseri migliori, la opere più eccelse e le amicizie fedeli.
Ma manca la fiducia e domina la paura dell’indomani; non si vuole proprio immaginare, che giammai, la Bontà del Padre possa gettare gli esseri indifesi in un isolamento, o in una pena immeritata.
Ora bisogna guardare in faccia al nemico. Se io oso guardare la morte, essa perderà il suo orrore. Tutto quanto mi sta attorno, che io amo o che mi è familiare, gli esseri e gli oggetti sono solamente dei depositi che devo amministrare, degli aiuti per il mio avanzamento. Degli allievi, anche ottusi, che mi sono stati inviati per apprendere qualcosa. Nessuno di loro, nessuno di loro mi appartiene; niente appartiene a nessuno che a Dio; è da Dio, in Dio, a causa di Dio, per Dio che io ho licenza di sognare, di perfezionarmi, di amare tutto e tutti coloro con i quali entro in relazione.
Gli esseri per i quali io nutro il più completo amore, sono quelli che io non posso prendere in me. Li ho liberamente scelti? No. Io sono stato attratto a loro da qualcosa spesso più forte della mia ragione. Quindi il mio amore, così profondo, non è che solo il segno del vero legame che li unisce a me: un legame precedente, un solido legame, un legame forgiato dalle mani forti degli Angeli, per volere del Padre .
Noi abbiamo conosciuto i nostri cari altre volte: noi li ritroveremo più tardi; noi li abbiamo ritrovati adesso. E più avanzerò, più cadranno i veli che nascondono le vere forme degli esseri, più mi unirò strettamente a coloro che amo, nello splendore dell’essenziale Realtà


OSSERVANZA: Pensare alla amorevole morte liberatrice.


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domenica 15 ottobre 2017

XLIII. IL LUTTO (un anno un percorso)




Carissimi Fratelli,

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XLIII. LUTTO

"Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. " (Luca IX, 60)

I nostri cari, che la Morte prende a se, non sono affatto perduti. Malgrado la complessità spaventosa del mondo, ogni cosa si ritrova al suo posto quanto più velocemente le creature sono disposte ad essere guidate. Al contrario non obbedendo esse ritardano questo riordino, che le religioni chiamano Giudizio.
Se gli uomini potessero vedere quali situazioni felici genera la rassegnazione, se potessero vedere quali turbamenti il rimpianto ostinato o le pratiche spiritiche provocano nel doppio movimento delle anime, essi attenderebbe con maggiore pace il tempo di ricongiungersi con i loro morti, essi si accontenterebbero delle manifestazioni spontanee dei sopravvissuti; queste solo sono lecite ed opportune.
Lo spirito immortale non si riposa così di sovente come il corpo. Quando ha reso alla terra il suo strumento di lavoro, ne riceve un altro in un altro mondo. Tutte le religioni insegnano ciò. Questa vita ultraterrena, quando è espiatrice, si chiama inferno o purgatorio; quando è un riposo il suo nome è paradiso.
Quando piango i miei morti, non è forse che unicamente mi dispiace per la perdita della gioia, che la loro amata presenza mi ha donato? Ma ognuno non ha fatto il proprio lavoro? Non mi farà un torto, colui che mi impedisce di istruirmi? I defunti sono in una nuova scuola; io non ho il diritto di distrarli, di tirarli nuovamente a me; se io li amassi veramente, li lascerei interamente ai loro compiti sconosciuti.
Io piango i miei morti perché li amo, e li amo perché mi hanno donato la felicità, la pace e la forza. Anche la natura industriosa mi seduce all’Amore Puro attraverso delle esche commisurate al mio egoismo. A poco a poco mi offre di amare degli esseri elevati e gentilmente mi ha portato alla sommità da cui scoprire gli orizzonti del sacrificio.
Io rimarrò quindi unito con i miei morti, non più da tutti questi legami esterni, ma per il fatto stesso che abbiamo, loro ed io, qualcosa di più centrale e di più durevole; l'amore e la pratica del Bene.


OSSERVANZA: Nascondere il dolore del lutto.

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XLII. LA MALATTIA (un anno un percorso)



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XLII. LA MALATTIA

"Ha preso le nostre infermità e s’è addossato le nostre malattie. "
(Matteo VIII, 17)

Tra tutti i sistemi proposti per stabilire una filosofia della medicina, sono le religioni che sostengono il vero. L'accidente, il disordine vitale, il male ereditario non sono che il "come"; il “perché" sono le autorizzazioni misericordiose che il Padre dona alla giustizia immanente per farci sentire le ripercussioni delle nostre mancanze precedenti.
Ciò che rende il mio corpo vulnerabile, è il peccato. Una violazione della Legge, si tratta di una forza malvagia che circola, seminando disordine, attraverso la moltitudine invisibile delle cause seconde, per fatalmente ritornare al punto di partenza, rafforzandosi nel suo tragitto di tutto ciò, di analogo al suo veleno, che si è potuto congiungere ad essa. Io sono il reale autore delle mie tare fisiche e dei miei accidenti.
Di conseguenza, può guarire veramente solo colui a cui la Verità ha donato la conoscenza delle cause e il potere di rimettere i torti. Qualsiasi altro medicinale, conosciuto o misterioso che sia, non fa che lenire la malattia per un tempo più o meno lungo. Il prigioniero finirà sempre per rompere la sua catena e ritornare alla sua vittima, fino a quando essa non avrà, sostanzialmente, pagato il proprio debito.
Tuttavia io ho il dovere di sostenere il mio corpo. Il mio corpo non è stato che uno strumento, insomma; è il mio io, il mio cuore, la mia volontà, il mio egoismo a cui imputare la maggiore responsabilità. Cercherò di guarire, non per mezzo di metodi che comporterebbero un nuovo errore, un nuovo debito e il principio di una malattia futura. Io aggiungerò la preghiera ai rimedi.
E, quando la mia salute sarà buona, andrò vedere i malati, li aiuterò, pregherò per loro, proverò ad ottenere vicino a loro la compassione e l'amore che meritano, poiché il mio Maestro ha detto che loro sono Lui stesso.


OSSERVANZA: Cercare di non lamentarsi quando si soffre.


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domenica 8 ottobre 2017

XLI. MORTE E RESURREZIONE DI GESÙ (un anno un percorso)



Carissimi Fratelli,
Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir.E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.

XLI. MORTE E RESURREZIONE DI GESÙ

«Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio» (Luca XXIII, 46)

Il mio transito attuale è il mio campo di battaglia e il mio laboratorio. I sommovimenti delle mie passioni tendono a tradursi in atti; sentono il bisogno di incarnarsi per sopravvivere, e si indignano se non mi sono preoccupato di costruire loro un corpo ben concreto. Successivamente questa esistenza materiale, che io dono a queste essenze immateriali, reagisce all'interno di questo mondo, su questo imponderabile che le ha viste nascere. Ma la Legge originale  e generale,  è che nulla avviene nel visibile che non sia già nell’invisibile. All’interno di una malattia, di una società, di una rivoluzione, i fenomeni visibili, le rappresentazioni, i processi, i discorsi sono marionette che sono mossi da una mano nascosta.
Poiché il Cristo ha voluto donare al mondo un esempio vivente, Egli  si è sottomesso alla legge del mondo che, Egli stesso, prima di ogni tempo aveva promulgato; Le sue mani hanno lavorato, Egli ha sofferto nel Suo corpo e tutti hanno ricevuto la Sua visita, persino nel regno dei morti. La morte è una dea vivente e la più forte; trionfa su tutte le sue sorelle immortali, fino all’unica notte dove ha conosciuto la prima sconfitta. Anche essa ha dovuto obbedire al suo Signore; Egli ha reso possibile che l’attesa degli antichi Giusti avesse fine, e che essi potessero ascendere al Cielo; è stato necessario per rendere possibile la futura risurrezione della carne, quella misteriosa trasmutazione dei nostri corpi grossolani ed infermi, in corpi imperituri e radiosi.
Per quanto sia oscura la tenebra dove giace dormiente la creazione, alcune albe sporadicamente la rischiarano; Essa cammina attraverso le lotte, le divisioni, gli eccessi che si alternano, avanza verso l’armonia e la pace. C'è solo un Maestro: Colui che ha disegnato tutti i piani, raccolto tutte le matasse, attraversato tutti i percorsi; Colui al quale tutto è obbligato ad obbedire; ma che vuole da me, perché Egli mi ama, niente altro che l'obbedienza dell’amore; che è disceso fino a me per mostrarmelo, e, che infine, è ripartito verso le Sommità invitandomi a seguirlo.

OSSERVANZA: Ogni mattina io penserò a delle cose cattive in me che sono morte durante la notte, e che io sono rinato maggiormente puro grazie ad un nuovo sforzo.




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