La domanda più frequente che viene rivolta a chi ha intrapreso un
percorso iniziatico è : Perché? Per quale necessità?
La domanda, più che legittima, avrà una risposta sempre legata a
quello che siamo e a quello che la vita ci porta a diventare.
Nella mente dell'ilico lo stereotipo imperante è solitamente
quello che identifica un iniziato in un perdente. Niente di più sbagliato.
L'ilico, il cui unico talento è quello di essere materia e solo
materia, non può riuscire a comprendere niente che non sia materia secondo il
motto che ognuno è la misura di se stesso.
Gli antichi mitografi greci, alla fine dell'epoca matriarcale,
intorno al IV secolo a.C., scrissero quello che personalmente ritengo essere il
più bello e completo mito di tutta la filosofia greca: il mito dei Eracle,
Ercole per i latini.
Seguendo le sagge parole del M° Louis Claude De Saint Martin: La
Verità non venne nuda a questo mondo ma per simboli ed immagini. Solo così la si
può comprendere”
E così è.
Famoso per le 12 fatiche, nel mito originario Eracle non viene mai
presentato nei racconti della sua lunga storia come un perdente.
Ma l'immaginario profano collettivo vede Eracle secondo quanto
propinato dalla iconografia cinematografica del secolo scorso che ci mostra un
personaggio muscoloso, abbronzato, ingenuo e pieno di buoni propositi. La
potenza dell'eroe affascina e diverte il pubblico mediocre degli anni “50 che
tutto voleva fare fuorché pensare. E il danno è fatto. Il tradimento è
compiuto. Niente filosofia, niente messaggi esoterici, nessuna Verità. E ad
aumentare la confusione una bislacca interpretazione infarcita di essoterismo
che vuole le 12 fatiche identificate nei 12 segni zodiacali, forse per
allontanare i profani da una chiave di lettura troppo complessa e non rischiare
che potesse finire in mani sbagliate.
Eracle nel mito greco, invece, rappresenta il più grande degli
eroi immortali, mezzo Dio e mezzo uomo, quando si chiamava ancora Palemone, e,
quando non era ancora compiutamente né Dio né uomo, e dopo aver festeggiata
l'ennesima vittoria con sfarzo, fama, ricchezza e grandi onori, colto da
follia, tornò a casa e uccise la moglie e i figli.
Una storia drammatica e inquietante, ma come tutti i miti, è
soltanto una rappresentazione per comunicare un messaggio che altrimenti
resterebbe inascoltato.
I delitti offuscheranno l'immagine del vincente eroe. Un vincente
però senza futuro perché aveva portato nella sua casa, nella sua famiglia, il
metodo adottato nel mondo profano; proprio quel metodo che lo aveva appunto
fatto diventare un vincente: la forza bruta.
Nel campo delle rappresentazioni e degli antichi miti il futuro è
nei figli: uccidere i figli simboleggia uccidere il proprio futuro, uccidere la
moglie simboleggia uccidere colei che può portarci il futuro.
L'inizio di una delle più grandi storie di tutti i tempi, quello
che vinceva sempre su tutti, che aveva il successo, la fama e gli onori,
Palemone, il più grande guerriero di sempre era in realtà un uomo immortale ma
senza futuro.
Era, consorte di Zeus, lo detestava e, quando gli Dei olimpici lo
giudicarono, Zeus gli cambiò nome e lo chiamò Eracle che significa “la gloria
di Era”.
E' interessante l'idea di cambiare il proprio nome con un altro,
come avviene in molti percorsi iniziatici, e cambiarlo in qualcosa che sembra
essere il contrario di ciò che siamo, ma non di ciò che saremo, perché, occorre
sempre tenerlo bene e a mente, è di un percorso iniziatico che stiamo
trattando.
La condanna sarà esemplare: obbedire a Re Euristeo, di cui Eracle
era cugino e che per uno strano, ma niente avviene per caso, scherzo del
destino gli aveva usurpato il diritto al trono nascendo qualche istante prima
di Eracle, aggiudicandosi in questo modo, il Regno di Tirinto.
Quindi le 12 fatiche di Eracle saranno il suo cammino iniziatico.
Ma a mio modesto avviso, le fatiche non saranno 12 ma 13 con la
prima, la più importante, da identificare nell'Obbedienza, senza la quale
qualunque percorso iniziatico diventa nullo. L'Obbedienza è la più grande
testimonianza del controllo che noi stessi abbiamo sul nostro ego. Il nostro
nemico più grande.
In una società che ci insegna che l'ego è una prova di carattere,
se saremo in grado di mettere da parte le nostre idee e le nostre convinzioni,
saremo anche in grado di essere veramente liberi, con la mente aperta e la
capacità di vedere e ascoltare il mondo che ci circonda. E questo sarà solo
l'inizio.
Eracle lavorerà sul suo essere e sulla sua forza che da attiva
riuscirà a convertire in passiva,: la forza più grande, quella
simboleggiata dalle colonne, acquisendo in questo passaggio anche un lato
femminile come ci mostra l'XI Arcano maggiore dei Tarocchi Egizi, nel quale è
una figura femminile a soffocare la belva.
Ma in questo percorso di faticosa trasformazione e di un passato
da cancellare non dimenticherà mai gli amici fraterni, di accettare le
sconfitte oltre alle vittorie, costruire canali, strade e ringraziare gli Dei
consacrando loro boschi e templi.
La fine di Eracle sarà drammatica. Dopo una ennesima prova e una
apparente sconfitta tutto sembrerà finito nel peggiore dei modi, scegliendo la
morte terrena alla vita eterna, ma, come se ne conviene a un Dio, non morirà.
Anche se avvelenato dal sangue del centauro Nesso, infettato dalle
frecce intrise nel sangue dell'Idra, e morto mesi prima per mano di Eracle, non
potrà morire, anche se sceglierà di rinunciare all'immortalità immolandosi su
una pira da lui stesso composta.
Dopo aver indossato la pelle del leone Nemeo ed essersi disteso
sulla pira, prima che le fiamme possano distruggergli le carni interverrà Zeus
per portare con tutti gli onori dovuti il figlio sull'Olimpo.
Soltanto adesso si potrà avverare la profezia e il nome di Eracle
restituirà il significato che gli era stato imposto all'inizio di una avventura
senza uguali.
Eracle lascerà le spoglie terrene e si approprierà a pieno titolo
di quelle divine.
Il significato è quello di un percorso iniziatico arrivato al suo
definitivo compimento.
La pelle del leone Nemeo sulle spalle, ultimo gesto della sua
esistenza terrena, rappresenta la volontà e l'esigenza di proteggersi dal
passato, il fuoco purificatore l'ultimo atto per un corpo troppo provato e la
rinuncia alla vita un esempio di non attaccamento a ciò che si ha di più
importante.
Ma oltre a Eracle, mito d'occidente, esistono altre
rappresentazione che vanno nella medesima direzione.
La necessità di intraprendere un percorso di consapevolezza si
manifesta con uno squilibrio delle nostre facoltà fisiche, emozionali e
psichiche che nella rappresentazione cristiana antica è ben rappresentata dalla
caduta da cavallo di Paolo di Tarso che da persecutore dei cristiani gnostici
diventò cristiano esso stesso.
Il cambiamento è alla base dell'iniziazione.
Possiamo affrontare la prova iniziatica più importante solo se
animati da una necessità che ci invita al cambiamento.
Ma è poi un cambiamento? o un viaggio all'interno di noi per
recuperare la nostra identità perduta in un mondo nel quale dobbiamo essere
quello che vogliono gli altri e non quello che veramente siamo? Credo che possa
essere inquadrato sia nell'una che nell'altra ipotesi come in un recupero della
nostra identità attraverso il metodo della spoliazione che toglie il superfluo
liberando la nostra vera essenza da inutili pesi.
Ciò che è inutile è dannoso e solo basandosi su questa regola potremo ritrovare il
valore di un corpo come strumento per attraversare il mare della
nostra esistenza e contenere tutto il nostro essere, la nostra emotività
finalmente libera di manifestarsi per quel che è e per quello che ha più valore
al di là del suo prezzo e la nostra parte psichica da scoprire nelle sue
potenzialità soprannaturali, di uomo come ente magico, tanto da doverla
controllare più che da esaltare.
Tre corpi e un equilibrio solo.
Il nostro percorso iniziatico avrà uno scopo ben preciso e niente
da quel momento sarà al caso, o peggio, al libero arbitrio con l'orrendo motto
“Posso farlo, lo faccio” perché il segreto dell'iniziazione sta nel
delegare alla parte più misteriosa del nostro mondo il nostro miglior frutto.
Ermes S:::I:::
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