domenica 29 ottobre 2017

XLIV. LA PAURA DELLA MORTE (un anno un percorso)



Carissimi Fratelli,


Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir.E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.

XLIV. LA PAURA DELLA MORTE

"Chi ascolta la mia parola ha la vita eterna." (Giovanni V, 24)

Quello che spaventa nella morte è meno l’ansia dell’incognito, che la rottura dei mille e mille legami che legano a questo mondo il corpo, la sensibilità e il carattere. Allora si mostra la forza dell’abitudine e della dipendenza. Sembra che perdiamo per sempre tutto ciò che amiamo. E questo malgrado gli innumerevoli soggiorni là dove i paesaggi sono più belli, gli esseri migliori, la opere più eccelse e le amicizie fedeli.
Ma manca la fiducia e domina la paura dell’indomani; non si vuole proprio immaginare, che giammai, la Bontà del Padre possa gettare gli esseri indifesi in un isolamento, o in una pena immeritata.
Ora bisogna guardare in faccia al nemico. Se io oso guardare la morte, essa perderà il suo orrore. Tutto quanto mi sta attorno, che io amo o che mi è familiare, gli esseri e gli oggetti sono solamente dei depositi che devo amministrare, degli aiuti per il mio avanzamento. Degli allievi, anche ottusi, che mi sono stati inviati per apprendere qualcosa. Nessuno di loro, nessuno di loro mi appartiene; niente appartiene a nessuno che a Dio; è da Dio, in Dio, a causa di Dio, per Dio che io ho licenza di sognare, di perfezionarmi, di amare tutto e tutti coloro con i quali entro in relazione.
Gli esseri per i quali io nutro il più completo amore, sono quelli che io non posso prendere in me. Li ho liberamente scelti? No. Io sono stato attratto a loro da qualcosa spesso più forte della mia ragione. Quindi il mio amore, così profondo, non è che solo il segno del vero legame che li unisce a me: un legame precedente, un solido legame, un legame forgiato dalle mani forti degli Angeli, per volere del Padre .
Noi abbiamo conosciuto i nostri cari altre volte: noi li ritroveremo più tardi; noi li abbiamo ritrovati adesso. E più avanzerò, più cadranno i veli che nascondono le vere forme degli esseri, più mi unirò strettamente a coloro che amo, nello splendore dell’essenziale Realtà


OSSERVANZA: Pensare alla amorevole morte liberatrice.


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domenica 15 ottobre 2017

XLIII. IL LUTTO (un anno un percorso)




Carissimi Fratelli,

Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir.E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.



XLIII. LUTTO

"Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. " (Luca IX, 60)

I nostri cari, che la Morte prende a se, non sono affatto perduti. Malgrado la complessità spaventosa del mondo, ogni cosa si ritrova al suo posto quanto più velocemente le creature sono disposte ad essere guidate. Al contrario non obbedendo esse ritardano questo riordino, che le religioni chiamano Giudizio.
Se gli uomini potessero vedere quali situazioni felici genera la rassegnazione, se potessero vedere quali turbamenti il rimpianto ostinato o le pratiche spiritiche provocano nel doppio movimento delle anime, essi attenderebbe con maggiore pace il tempo di ricongiungersi con i loro morti, essi si accontenterebbero delle manifestazioni spontanee dei sopravvissuti; queste solo sono lecite ed opportune.
Lo spirito immortale non si riposa così di sovente come il corpo. Quando ha reso alla terra il suo strumento di lavoro, ne riceve un altro in un altro mondo. Tutte le religioni insegnano ciò. Questa vita ultraterrena, quando è espiatrice, si chiama inferno o purgatorio; quando è un riposo il suo nome è paradiso.
Quando piango i miei morti, non è forse che unicamente mi dispiace per la perdita della gioia, che la loro amata presenza mi ha donato? Ma ognuno non ha fatto il proprio lavoro? Non mi farà un torto, colui che mi impedisce di istruirmi? I defunti sono in una nuova scuola; io non ho il diritto di distrarli, di tirarli nuovamente a me; se io li amassi veramente, li lascerei interamente ai loro compiti sconosciuti.
Io piango i miei morti perché li amo, e li amo perché mi hanno donato la felicità, la pace e la forza. Anche la natura industriosa mi seduce all’Amore Puro attraverso delle esche commisurate al mio egoismo. A poco a poco mi offre di amare degli esseri elevati e gentilmente mi ha portato alla sommità da cui scoprire gli orizzonti del sacrificio.
Io rimarrò quindi unito con i miei morti, non più da tutti questi legami esterni, ma per il fatto stesso che abbiamo, loro ed io, qualcosa di più centrale e di più durevole; l'amore e la pratica del Bene.


OSSERVANZA: Nascondere il dolore del lutto.

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XLII. LA MALATTIA (un anno un percorso)



Carissimi Fratelli,
Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir.E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.



XLII. LA MALATTIA

"Ha preso le nostre infermità e s’è addossato le nostre malattie. "
(Matteo VIII, 17)

Tra tutti i sistemi proposti per stabilire una filosofia della medicina, sono le religioni che sostengono il vero. L'accidente, il disordine vitale, il male ereditario non sono che il "come"; il “perché" sono le autorizzazioni misericordiose che il Padre dona alla giustizia immanente per farci sentire le ripercussioni delle nostre mancanze precedenti.
Ciò che rende il mio corpo vulnerabile, è il peccato. Una violazione della Legge, si tratta di una forza malvagia che circola, seminando disordine, attraverso la moltitudine invisibile delle cause seconde, per fatalmente ritornare al punto di partenza, rafforzandosi nel suo tragitto di tutto ciò, di analogo al suo veleno, che si è potuto congiungere ad essa. Io sono il reale autore delle mie tare fisiche e dei miei accidenti.
Di conseguenza, può guarire veramente solo colui a cui la Verità ha donato la conoscenza delle cause e il potere di rimettere i torti. Qualsiasi altro medicinale, conosciuto o misterioso che sia, non fa che lenire la malattia per un tempo più o meno lungo. Il prigioniero finirà sempre per rompere la sua catena e ritornare alla sua vittima, fino a quando essa non avrà, sostanzialmente, pagato il proprio debito.
Tuttavia io ho il dovere di sostenere il mio corpo. Il mio corpo non è stato che uno strumento, insomma; è il mio io, il mio cuore, la mia volontà, il mio egoismo a cui imputare la maggiore responsabilità. Cercherò di guarire, non per mezzo di metodi che comporterebbero un nuovo errore, un nuovo debito e il principio di una malattia futura. Io aggiungerò la preghiera ai rimedi.
E, quando la mia salute sarà buona, andrò vedere i malati, li aiuterò, pregherò per loro, proverò ad ottenere vicino a loro la compassione e l'amore che meritano, poiché il mio Maestro ha detto che loro sono Lui stesso.


OSSERVANZA: Cercare di non lamentarsi quando si soffre.


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domenica 8 ottobre 2017

XLI. MORTE E RESURREZIONE DI GESÙ (un anno un percorso)



Carissimi Fratelli,
Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir.E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.

XLI. MORTE E RESURREZIONE DI GESÙ

«Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio» (Luca XXIII, 46)

Il mio transito attuale è il mio campo di battaglia e il mio laboratorio. I sommovimenti delle mie passioni tendono a tradursi in atti; sentono il bisogno di incarnarsi per sopravvivere, e si indignano se non mi sono preoccupato di costruire loro un corpo ben concreto. Successivamente questa esistenza materiale, che io dono a queste essenze immateriali, reagisce all'interno di questo mondo, su questo imponderabile che le ha viste nascere. Ma la Legge originale  e generale,  è che nulla avviene nel visibile che non sia già nell’invisibile. All’interno di una malattia, di una società, di una rivoluzione, i fenomeni visibili, le rappresentazioni, i processi, i discorsi sono marionette che sono mossi da una mano nascosta.
Poiché il Cristo ha voluto donare al mondo un esempio vivente, Egli  si è sottomesso alla legge del mondo che, Egli stesso, prima di ogni tempo aveva promulgato; Le sue mani hanno lavorato, Egli ha sofferto nel Suo corpo e tutti hanno ricevuto la Sua visita, persino nel regno dei morti. La morte è una dea vivente e la più forte; trionfa su tutte le sue sorelle immortali, fino all’unica notte dove ha conosciuto la prima sconfitta. Anche essa ha dovuto obbedire al suo Signore; Egli ha reso possibile che l’attesa degli antichi Giusti avesse fine, e che essi potessero ascendere al Cielo; è stato necessario per rendere possibile la futura risurrezione della carne, quella misteriosa trasmutazione dei nostri corpi grossolani ed infermi, in corpi imperituri e radiosi.
Per quanto sia oscura la tenebra dove giace dormiente la creazione, alcune albe sporadicamente la rischiarano; Essa cammina attraverso le lotte, le divisioni, gli eccessi che si alternano, avanza verso l’armonia e la pace. C'è solo un Maestro: Colui che ha disegnato tutti i piani, raccolto tutte le matasse, attraversato tutti i percorsi; Colui al quale tutto è obbligato ad obbedire; ma che vuole da me, perché Egli mi ama, niente altro che l'obbedienza dell’amore; che è disceso fino a me per mostrarmelo, e, che infine, è ripartito verso le Sommità invitandomi a seguirlo.

OSSERVANZA: Ogni mattina io penserò a delle cose cattive in me che sono morte durante la notte, e che io sono rinato maggiormente puro grazie ad un nuovo sforzo.




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domenica 1 ottobre 2017

XL. L’UMILTÀ (un anno un percorso)



Carissimi Fratelli,

Vi propongo di inserire nei nostri umili lavori, tesi alla reintegrazione, le meditazioni integrali di Paul Sédir.
E' da questo iniziale scritto, del Fratello Sédir, che sono poi state tratte le nostre tanto amate "meditazioni dei 28 giorni".
Ecco quindi che per riscoprire l'essenza reale di questa pratica di spogliazione e rettificazione, trovo utile, per coloro che lo desiderano, intraprendere assieme questo percorso di riflessione scadenzato lungo tutto il corso dell'anno.
Vi propongo quindi la prima delle meditazioni-riflessioni la cui estensione è valevole per tutta la settimana.
Per quanto concerne come praticare, vi consiglio, se lo desiderate, la seguente pagina: La Pratica delle Meditazioni di Paul Sédir.


XL. L’UMILTÀ

"Colui che si farà umile come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli." (Matteo XVIII, 4)

L'umiltà non consiste essenzialmente né nella conoscenza che posso avere della mia debolezza o della mia cattiveria; né nella sensazione delle grandezze divine; né nella ricerca del disprezzo, né da lavori umili, né in un’esistenza in ombra o in fatiche ripugnanti; né nella confessione pubblica dei miei difetti; né dallo scordare il bene che ho fatto; né dal piacere che si prova a vedere gli altri avere successo o essere preferiti a noi; né nella certezza di essere l’ultimo degli uomini.
Tutto questo sono degli atti di umiltà, condizioni o frutti dell’umiltà. L'umiltà è tutto questo; ma anche qualcos'altro, che sembra intravedersi, ma non si può definire. Il sapere di essere umile è cessare di esserlo. L'umiltà è un mistero nel centro del mio essere, un mistero senza fondo e senza limiti. E' il basamento e la vita di tutte le virtù. E’ attraverso di essa, a causa di essa, che diventa possibile per Dio di risiedere in me;  è dunque Dio a stabilirsi in me, per quanto il mio orgoglio incurabile glielo consenta.
Per dispormi a ricevere questo dono, cercherò di capire che è Dio che compie in me e attraverso di me tutto quello che sto facendo di buono, e che quanto ho fatto di sbagliato viene solamente da me stesso. Io Lo ringrazio per tutto: gioie e disgrazie, regali e impotenza. Io non permetterò di ricevere le Sue benedizioni che per aiutare gli altri. Mi rattristerò per gli elogi ricevuti. Io gioirò delle critiche. Non voglio cercare di pormi in vista. Io non avrò nessuna vanità. Io non avrò paura del ridicolo.
E io chiederò al mio Maestro di svelarmi; di farmi vedere quelle mie segrete perversioni di cui non sempre mi rendo conto, ma che io so che sono dentro di me, e che avvelenano tutto quanto io voglio fare bene.

OSSERVANZA: Far crescere in sé il senso di umiltà, piuttosto che tenere atteggiamenti artificiosi.

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