domenica 8 luglio 2018

ETIENNE MARCONIS IL RITO DI MEMPHIS ED IL RAMO D'ORO DI ELEUSI - PRIMA PARTE


Nella letteratura muratoria del secolo XIX merita una posizione di vertice l'opera di Jacques-Étienne Marconis de Nègre nato a Montauban il 3 Gennaio de 1795 e morto a Parigi il 21 Novembre 1868.
Egli era figlio di Gabriel-Mathieu Marconis de Nègre, libero muratore noto per essere stato iniziato a quelle che all'epoca venivano chiamate le "scienze segrete". Gabriel Marconis era stato iniziato a tutti i gradi del Rito di Perfezione  e della Massoneria rinnovata  (che sono alla base del Rito Scozzese fondato negli USA alla fine del secolo XVIII).
Ufficiale dell'esercito napoleonico, fu iniziato durante la campagna d'Italia alla Loggia Isis ed al suo ritorno in Francia fondò una loggia chiamata "Les pèlerins de Memphis".
Probabilmente il figlio fu ispirato dal padre e dai suoi insegnamenti se a soli 20 anni, unitamente a Samuel Honis, secondo quello che ci è stato tramandato, diede vita nella sua città natale a quello che ancora oggi viene chiamato "Rito di Memphis".
Non vi è tuttavia alcuna certezza di questo fatto: secondo alcune fonti più tradizionali, Etienne Marconis si limitò in prima battuta ad aderire al Rito egiziano di Mizraim che si era diffuso in Francia partendo da Venezia. Nel 1838 Marconis infatti era il Maestro Venerabile della loggia di Mizraim di Lione chiamata "la Bienveillance". Secondo alcuni studiosi, fu a causa della sua esclusione dal rito di Mizraim, che Marconis diede vita al Rito di Memphis utilizzando tutte le informazioni che aveva immagazzinato nel corso delle sue varie numerose iniziazioni ai gradi più elevati.
E' forse per cancellare questo "peccato originale" che Marconis mise in giro la voce che in Rito di Memphis derivava da una filiazione rituale egiziana che aveva ricevuto suo padre.
Quale che sia la verità, qui interessa quella che è stata la sua opera migliore e più conosciuta, "Il Ramo d'oro di Eleusi" pubblicata nel 1861 e dove Marconis illustra con dovizia di particolari il Rito da lui creato, anche se è noto che la sua diffusione in Francia fu limitata a pochissime Logge (mentre ebbe poi ampia diffusione nei paesi anglosassoni ed in Romania.).
Marconis dedicò il resto della sua esistenza a far conoscere il Rito da lui ideato attraverso un'intensa attività di studio e di creazione o di elaborazione di gradi esistenti. Se il Rito di Mizraim era strutturato in 90 gradi, egli partì con 91 nel 1839, poi 92 nel 1842 e pochi anni dopo 95.
Fu solo quando, sotto Napoleone III, il suo Rito venne in qualche modo forzosamente assorbito all'interno del Grande Oriente di Francia, che i gradi vennero ridotti a soli 33.
La caratteristica del Rito di Memphis, che ha praticamente ripreso alla sua base filosofica i cosiddetti "gradi scozzesi" sino al 33 per poi espandersi in una serie di gradi ermetici molto più intensi, è quella di avere nel suo complesso insegnamenti a carattere meno ebraico di quello di Mizraim: questo processo di elaborazione ermetico-gnostica è purtroppo venuto meno quando il Rito è stato assorbito nel Collegio dei Riti del Grande Oriente di Francia, sei anni prima della morte di Marconis.
Nel Rito di Memphis giunto a noi è presente un grado che è certamente uno dei più ispirati all'opera letteraria di Marconis, quella di Saggio di Eleusi, ma, contrariamente a quanto si possa pensare, esso non compare nella primitiva scala ideata dal suo autore (ed ovviamente nemmeno nel Rito di Mizraim).
Il Saggio di Eleusi compare con questa denominazione nel panorama muratorio del secolo XIX solo con l'unificazione dei Riti di Memphis e Mizraim ed è costituito da una rivisitazione dell'antica iniziazione eleusina, divisa però in due parti: la prima si basa su quanto a noi pervenuto dalla tradizione ellenistica mentre la seconda è una versione in un certo senso cristiana della medesima.
Il grado si differenzia alquanto dai tipici gradi egizi dell'epoca, in quanto sono presenti un numero ridotto di ufficiali, un presidente, un conduttore, un diacono ed un copritore.
Di questo grado, che certamente è stato ideato da Marconis negli ultimi anni della sua vita, è giunto a noi molto poco: non esiste, a quanto ci consta, una versione completa del rituale, ma solo spezzoni del medesimo (intera è la sola cerimonia di iniziazione)
Per comprendere questo lavoro che, come si è detto, si allontana alquanto da quello che era il contenuto usuale dei Regimi Egizi, è quindi necessario fare qui una breve premessa sul contenuto degli antichi Misteri di Eleusi, molto noti e celebrati nell'antichità.
I Misteri di Eleusi erano probabilmente i più famosi fra i segreti riti religiosi della Antica Attica. Essi consistevano nei Misteri Minori e nei Misteri Maggiori e comprendevano cerimonie dedicate al culto di Demetra e di Persefone che erano appunto state istituite per la prima volta nella città ellenica di Eleusi.
Demetra, chiamata dai greci Madre terra" o anche "Madre dispensatrice", nella mitologia ellenica era la sorella di Zeus (o Giove), la dea del grano e dell'agricoltura in generale, nutrice della gioventù e della terra verdeggiante, artefice del ciclo delle stagioni, della vita e della morte, nonché protettrice del matrimonio e delle leggi sacre. Figlia come Zeus di Cronos e di Rea, concepì dal fratello la figlia Persefone: queste due figure erano centrali nelle celebrazioni dei Misteri Eleusini che si ritiene siano stati istituiti in epoca molto antica e prima dell'instaurazione del culto dei dodici dei dell'Olimpo.
Persefone (dal greco Περσεφόνη, Persephónē), era chiamata anche Kore, (dal greco Κόρη, giovinetta), Kora, o Core, è conosciuta nel mondo romano come Proserpina, colei che andò in sposa a Ade o Plutone e divenne la dea minore degli Inferi e regina dell'oltretomba. Secondo il mito principale, per quattro mesi dell'anno (parte dell'autunno dell'inverno) essa dimorava nel mondo sotterraneo e svolgeva la stessa funzione del suo consorte Plutone e cioè governare su tutto l'oltretomba; negli altri otto mesi essa tornava dalla madre e faceva rifiorire la terra al suo passaggio.
Di tutti i misteri dell'antichità, gli studiosi concordano che quelli di Eleusi fossero fra i più importanti. I Misteri Minori venivano celebrati con cadenza annuale ed è risaputo che contenessero Riti di Purificazione. I Grandi Misteri erano invece celebrati, come le Olimpiadi, solo ogni quattro anni; essi prevedevano una settimana di riti speciali che culminavano nei Riti del Grande Mistero che si tenevano nel Tempio dedicato alla Dea Demetra.  Questi miti e misteri con il tempo si diffusero anche nel mondo romano ma la loro segretezza è sempre rimasta proverbiale perché si diceva che in essi i riti di iniziazione univano l'adoratore con il Dio con la promessa di poteri divini e la ricompensa della vita dopo la morte.
Quello che è certo è che tutti i Misteri ruotavano attorno alla figura di Demetra, dea che non prese mai marito, ma ebbe figli da diversi dei, ed alla leggenda che riguarda sua figlia Persefone.
Persefone era stata rapita da Plutone, il dio dell'Oltretomba che la voleva in sposa. Demetra era la dea della vita, dell'agricoltura e della fertilità ma quando la figlia venne rapita, essa trascurò i suoi doveri per andare alla ricerca di Persefone. Fu così che sulla Grecia si abbatté la siccità, tipica della stagione estiva di quel paese, dove piove di rado, con sofferenza per il popolo.
Nella sua disperata ricerca della figlia, Demetra, sotto l'aspetto di una vecchia giunse ad Eleusi accompagnata dal figlio Iacco, dove re Celeo e sua moglie Metanira l'accolsero ospitalmente, invitandola a rimanere presso di loro come nutrice di Demofonte, il principino appena nato. La balia asciutta, la vecchia Baubo, la indusse con un trucco a bere acqua d'orzo profumata alla menta; poi cominciò a gemere come se avesse le doglie e inaspettatamente tirò fuori di sotto le sottane il figlio di Demetra, Iacco, che balzò tra le braccia della madre e la baciò.
Per essersi fatto beffe di Demetra, sorpresa a bere con troppa avidità, Abante, il figlio maggiore di Celeo, fu trasformato in lucertola dalla dea infuriata. Pentita e un po' vergognosa per l'accaduto, Demetra decise di fare un favore a Celeo rendendo immortale l'alttro figlio Demofonte. La notte stessa lo tenne alto sopra il fuoco per bruciare tutto ciò che in lui era mortale. Metanira però entrò per caso nella stanza prima che la cerimonia fosse finita e ruppe l'incantesimo; così Demofonte morì.
Allora Demetra decise di donare ad uno dei tre figli superstiti di Celeo, Trittolemo, i segreti dell'agricoltura, che egli in seguito fece conoscere a tutte le popolazioni dell'Ellade.
Ma nel frattempo la situazione peggiorava e Zeus capì che se non avesse fatto nulla per placare la sorella, la razza umana si sarebbe estinta per fame e gli dèi avrebbero smesso di ricevere sacrifici.
Quindi fece pervenire al fratello Plutone il messaggio secondo il quale se Persefone non fosse stata restituita alla madre, per essi sarebbe stato il disastro. Al tempo stesso a Demetra fece pervenire il messaggio secondo il quale la figlia avrebbe potuto fare ritorno alla sola condizione che essa non avesse ancora assaggiato il cibo dei morti.
Poiché Persefone aveva rifiutato di mangiare sia pure una briciola di pane dal giorno del suo rapimento, Plutone fu costretto a restituirla a Demetra. Ma nel momento in cui Persefone si preparava a partire per Eleusi, uno dei giardinieri di Ade, un certo Ascalafo, confessò che aveva visto la giovane cogliere una melagrana nell'orto e mangiarne alcuni chicchi.
Quando Demetra conobbe la storia della melagrana, ricadde in un profondo abbattimento e disse che non sarebbe mai più tornata sull'Olimpo. Zeus indusse allora la comune madre Rea, ad interporre i suoi buoni uffici, e si giunse ad un compromesso: Persefone avrebbe trascorso ogni anno un periodo in compagnia di Plutone, come regina del Tartaro e col titolo di Persefone, ed un altro con la madre.
Così, secondo la leggenda, ogni primavera, Persefone fugge dal soggiorno sotterraneo e sale al Cielo dalla madre, per rifugiarsi di nuovo fra le ombre al momento della semina.
Al nucleo centrale della leggenda di Demetra, il cui vero significato era rivelato solo agli iniziati dei Misteri di Eleusi, si aggiunsero in varie epoche miti secondari, che qui non hanno alcuna rilevanza.
Questo nucleo originario dei Misteri Eleusini riguardava quindi il ritorno di Persefone sulla terra, perché corrispondeva al ritorno della vegetazione ad opera della madre.
Il fatto che essa avesse mangiato alcuni chicchi di melograno, simbolo di vita mentre era nell'oltretomba (come i semi durante l'inverno) e la sua successiva rinascita rappresentano, nel corpo dei misteri, la rinascita della vita sul pianeta intero.
Sappiamo dall'Inno Omerico a Demetra che il re Celeo divenne uno dei primi sacerdoti della dea ed uno dei primi a conoscere i segreti riti ed i misteri del suo culto. Eumolfo, Trittolemo e Polisseso furono gli altri primi sacerdoti.
I Misteri Minori venivano celebrati durante il mese di Marzo (Anthesterion, anche se non conosciamo la data precisa e duravano sette giorni.
In quella circostanza i sacerdoti purificano i candidati per la successiva iniziazione. Questi sacrificano un maiale a Demetra e così purificavano sé stessi.
I Grandi Misteri venivano celebrati nel primo mese del calendario Attico, ovvero nel mese di Boedromion, ed avevano inizio nel periodo classico ad Atene.
Il primo atto si compiva il giorno 14 del mese e consisteva nel portare alcuni sacri oggetti da Eleusi all' Eleusinion, un tempio alla dea eretto alla base dell'Acropoli della città.
Il giorno successivo gli Jerofanti proclamavano la prorrhesis, ovvero l'inizio dei Riti ed il giorno 16 del mese i celebranti si bagnavano in mare nel porto di Atene e sacrificavano poi un maialino all'interno del Tempio il giorno 17.
La processione da Atene ad Eleusi cominciava dal Kerameikos (il cimitero di Atene) il giorno 19 del mese ed il popolo si recava ad Eleusi lungo la Via Sacra, sventolando rami chiamati bakchoi lungo il percorso.
Ad un certo punto del cammino essi si dedicavano a profferire oscenità verso la figura della nutrice Baubo, colpevole di aver reso ridicola Demetra quando si trovava dal Re Celeo.
Poi in processione si gridava "Iakch' o Iakche!", con riferimento a Iacco, il figlio di Demetra, che si pensa possa anche essere un nome di Dioniso.
Quando la processione aveva completato il percorso e raggiunta Eleusi si teneva un giorno di digiuno in commemorazione di quello analogo che aveva fatto Demetra mentre cercava Persefone. Il digiuno veniva rotto bevendo una speciale miscela di orzo e menta romana chiamata kykeon.
Poi, al 20° e 21° giorno del mese, gli iniziati entravano in una grande sala chiamata Telesterion dove venivano mostrate loro le sacre reliquie di Demetra. Questa era la parte più segreta dei Misteri ed a coloro che erano stati iniziati era proibito parlare degli eventi a cui avevano assistito all'interno del Telesterion sotto pena di essere messi a morte.
Per quanto attiene al punto culminante dei Misteri Maggiori sono state avanzare due moderne ipotesi: secondo alcuni accadeva che i sacerdoti erano gli unici a svelare la visione della notte santa, che consisteva in un fuoco che rappresentava la possibilità della vita dopo la morte, oltre che altri soggetti sacri. Secondo altri questa spiegazione sarebbe insufficiente a spiegare il potere e la longevità dei Misteri, e che l'esperienza doveva essere interiore, mediata da un potentissimo psico-attivo ingrediente mescolato al kykeon o ciceone.
A tutto questo seguiva il Pannychis, una intera notte di festa accompagnata da danze ed allegria. Le danze si tenevano nel Campo Rariano, il campo cioè, dove secondo la leggenda era cresciuta la prima pianta di grano seminata da Demetra. Un sacrificio di un toro a tarda notte o all'alba concludeva la giornata, ma questo avvenne solo in tempi più recenti.
Il 22° giorno del mese gli iniziati onoravano la morte versando libagioni da speciali vasi. Il 23° giorno i Misteri terminavano e ciascuno tornava a casa. Al centro del Telesterion vi era l'Anaktoron ("il palazzo"), una piccola costruzione in pietra dove potevano entrare solo gli Ierofanti che vi riponevano dentro gli oggetti sacri utilizzati durante i Riti.
Quattro erano le categorie di persone che potevano partecipare ai Misteri di Eleusi:
- i sacerdoti, le sacerdotesse e gli Jerofanti;
- gli iniziati, che assistevano alla cerimonia per la prima volta;
- gli altri che vi avevano partecipato almeno una volta;
- quelli che avevano raggiunto l'Epopteia,  coloro che avevano appreso i segreti dei Grandi Misteri di Demetra.
Quanto abbiamo qui esposto è solo una sintesi di quanto pervenuto a noi perché gran parte dei Misteri di Eleusi non è mai stata scritta da alcuna parte. Ad esempio, noi sappiamo che in quella cerimonia venivano utilizzati un "kiste" e un "kalathos", rispettivamente un sacro scrigno e un cesto con un coperchio, i cui contenuti erano noti solo agli iniziati e di cui non sappiamo e probabilmente non sapremo mai nulla.
Si pensa che i Misteri abbiano avuto inizio attorno all'anno 1500 ante era volgare, durante l'Era Micenea. Questi sono tenuti regolarmente per circa duemila anni. All'epoca di Pisistrato  i Misteri Eleusini divennero pan-ellenici e numerosi erano pellegrini attratti dalla Grecia e dai paesi limitrofi per parteciparvi.
Attorno al 300 a.e.v. lo Stato mise sotto controllo i Misteri, che divennero controllati specialmente da due famiglie, gli Eumolpidi ed i Kerikes. Questo portò ad un forte aumento del numero degli iniziati.
Gli unici requisiti richiesti per l'iniziazione erano la mancanza di "colpa di sangue", ovvero il fatto di non aver mai commesso un omicidio e di non essere un barbaro (cioè di essere in grado di parlare il greco).
I Misteri continuarono ad essere celebrati sotto l'impero Romano sino al 392 quando l'imperatore Teodosio fece chiudere per decreto tutti i Santuari, così come quelli di altre divinità, in uno sforzo di distruggere la resistenza dei pagani all'imposizione del cristianesimo come sola religione dello stato.
Le ultime notizie che abbiamo di Misteri di Eleusi risalgono al 396 E.V. quando Alarico, Re dei Goti, accompagnato dai cristiani "nelle loro vesti scure", invase quelle terre portando ivi il cristianesimo ariano e dissacrando i vecchi luoghi sacri.
La fine dei Misteri di Eleusi nel quarto secolo è riportata da Eunapio, uno storico e biografo dei filosofi greci. Eunapio era stato iniziato dall'ultimo legittimo Jerofante, che era stato incaricato dall'imperatore Giuliano di ripristinare la celebrazione dei Misteri, che erano caduti in rovina. Secondo Eunapio, l'ultimo Jerofante conosciuto era un usurpatore: egli lo definisce "l'uomo di Thespiai che deteneva il grado di Padre nei Misteri di Mitra".
Tutto il resto, da allora, è pura leggenda. Ci restano dei Misteri vasi, dipinti, sculture, bassorilievi e notizie frammentarie. Sino al giorno in cui Etienne Marconis de Nègre non ha pensato bene di assemblare quanto raccolto in materia e farne un grado del suo Rito di Memphis e di dedicare a quella città uno splendido volume, "il Ramo d'Oro di Eleusi" pubblicato nel 1863, di cui parleremo nella seconda parte.

Bibliografia sui Misteri di Eleusi.

ETIENNE MARCONIS

IL RITO DI MEMPHIS ED IL RAMO D'ORO DI ELEUSI - PRIMA PARTE
ELEAZAR 

SOVRANO ORDINE GNOSTICO MARTINISTA
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IL RASOIO DI OCCAM


Guglielmo di Occam (William of Ockham) èstato un frate francescano inglese vissuto nel Basso Medioevo a cavallo tra il XIII e il XIV secolo. Filosofo e teologo di notevole spessore, compose diverse opere e scritti che lo posero prestoin contrasto con le strutture religiose dell’epoca, tanto che subì un processo perun’accusa di eresia e successivamente fu anche oggetto di scomunica papale.
L’origine della rottura con la Chiesa è da ricercare nella sua considerazione del ruolo della Chiesa e del Papa nella societa’ del tempo. Secondo Occam, l’uomonon guadagna la salvezza per i meriti delle sue azioni, ma tramite la sola Grazia di Dio. Da questo punto di vista continuava l’idea di Duns Scoto, mentre il più illustre seguace fu, come e’ noto, qualche secolo più tardi, Martin Lutero.Essendo la Chiesa superflua per la ricerca di Dio da parte dell’uomo, il Papa stesso non era il mezzo di intercessione tra l’uomo e Dio, ma il primo servitore della comunità dei fedeli cristiani, quale lui considerava la Chiesa. Come conseguenza, anche il potere temporale del Papa era da lui messo in discussione, anzi, richiamava la Chiesa tutta al ritorno alla povertà originale. Si salvo’ dall’accusa di eresia fuggendo sotto la protezione dell’Sacro Romano Impero dove ricevette una scomunica; non riusci’ a ricucire il rapporto con la gerarchia ecclesiasticaprima di morire.
Il religioso inglese rimane comunque noto ai più per il concetto del “rasoio” appunto “di Occam”. Esistono diverse formulazioni dipendentemente dalle fonti; le piu’ comuni sono le seguenti:
          “Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem”
(Non moltiplicare gli elementi più del necessario)

          “Pluralitas non est ponenda sine necessitate”
(Non considerare la pluralità se non è necessario)

          “Frustra fit per plura quod fieri potest per pauciora”
(È inutile fare con più ciò che si può fare con meno)

Appare chiaro come il postulatosi prestibene ad una interpretazione superficiale, la quale porta a semplificare sempre e comunque; tutto ciò che non risulta immediatamente evidente e necessario può(anzi deve)essere omesso, deve essere “tagliato”.Ovviamente, analizzando l’idea di Occame il tempo in cui visse, si può facilmente capire come il suo scopo non fosse quello di postulare una tale semplicisticaidea.
Purtroppo, il principio èstato ed è ancora utilizzato molto spesso in maniera strumentaleper rigettarequalsiasi idea non sia immediatamente evidente e dimostrabile. Così il principio è diventato strumentale ad un certo dogmatismo di cui ancora oggi non ci siamo liberati.
È diventato uno strumento per rigettare teorie scomode e far accettare facilmente soluzioni di comodo ai molti. La motivazione dichiarata si appoggia sulla necessità di semplificazione (citando il rasoio di Occam), in quanto la teoria o argomento o approccio proposti offrono elementi non necessari o sono essi stessi superflui.Esistono teorie secondo cui tale approccio faccia parte di un tentativo di mantenere lo status quo da parte di pochi. E’ comunque evidente che dall’altra parte la massa si trova a proprio agio con tale approccio, in quanto trova confortonel rassicurante insieme di regole definite e accettate, supportate da un falso pragmatismo.
Probabilmente gli effetti più nefasti di un tale approcciosi sono avuti nella scienza. Ogni teoria rivoluzionaria è stata inizialmente additata come non scientifica (o addirittura come stregoneria), a volte per miopia a volte con dolo. Gli esempi potrebbero essere tantissimi, basti citare il dualismo onda-particella teorizzato da Albert Einstein, alla base della meccanica quantistica moderna o alla teoria secondo cui la terra fosse tonda, che pose Galileo Galilei in una posizione di sicuro non comoda.
Se guardiamo ai giorni nostri, esiste ancora una forte tendenza ad ostracizzare ciò che di veramente innovativo venga proposto. Una delle obiezioni in cui viene sbandierato il rasoio di Occam è che un certo concetto nasce da ragionamenti non lineari. A questo proposito, il dott. Edward De Bono ha coniato il termine “pensiero trasversale” (a volte chiamato laterale) per indicare quei processi mentali che, passando tramite vie traverse, permettono di arrivare ad una soluzione altrimenti impossibile da trovare. La tecnica si basa sull’eliminazione dei preconcetti e dei vincoli del pensiero lineare; in questo modo viene stimolata la creatività che permette un tipo di ragionamento diverso.
Il rasoio di Occam viene anche utilizzato come teoria a sostegno dell’ateismo, si fa leva su di esso per confutare l’esistenza di Dio stesso. “Dioè una delle sovrastrutture mentali umane, e, in quanto tale, e’ un concetto da tagliare”. Non e’ scopo di questa breve reflessione scendere nei dettagli delle ragioni e implicazioni filosofiche di tali affermazioni in quanto affrontate da diversi filosofi nel corso del tempo. Si vuole invece mettere in luce il fatto che il rasoio di Occam, data la sua formulazione, e’ uno strumento che puo’ essere utilizzato per dimostrare tutta una gamma di idee che molto probabilmente nulla hanno a che vedere con ilreale pensiero di chi lo formulo’. Charlie Munger disse una volta: “Ad un uomo con un martello ogni cosa sembra un chiodo”.
A questo punto, facendo uno sforzo per cercare di capire cosa potesse intendere davvero il filosofo inglese, si puòpartire considerandoche Occam era comunque un religioso vissuto nel tardo Medioevo.
In tale periodo, il fiorire di speculazioni teologiche e le teorie attorno alla figura di Dio erano innumerevoli. Come anticipato, Occam sosteneva che bisognava semplificare il modo di cercare (rapportarsi a) Dio. Bisognava quindi tagliare le sovrastrutture, le teorie più o meno fantasiose, le speculazioni o deduzioni logiche che non sarebbero servite all’uomo nella reale ricerca della conoscenza del Divino.Il filosofo e’ vissuto inoltre nel mezzo della lotta tra impero e papato, in cui egli aveva sposato la causa dell’impero. La Chiesa, il Papa e lo stesso potere temporale del Papa erano quindi altre sovrastrutture da tagliare, a cui applicare appunto il rasoio.
Il pragmatismo del pensiero di Occam sta principalmente nel fatto che non servono ulteriori teorie oltre la verità rivelata dal Cristo e che la realtà assoluta non e’ quella rappresentata dalla Chiesa. Non e’ necessario sviluppare altre idee o ricercare ulteriori spiegazioni logiche. Occam era un sostenitore della separazione tra la verità della ragione e quella soprannaturale. L’uomo deve quindi liberarsi da tutte le sovrastrutture sia materiali che mentali, per aprirsi all’intimo dialogo con Dio, affinché, tramite la fede, possa ottenere la conoscenza solo per Grazia di Dio. Ecco quindi che l’uomo deve spogliarsi di tutti i preconcetti, deve abbandonare il pensiero logico e la razionalità, in quanto la conoscenza di Dio deve venire dalla sperimentazione. Sperimentazione che nulla ha a che vedere con gli esperimenti scientifici, ma è esperienza che viene dal rapporto diretto dell’uomo con la propria fede. Volendo riformularecredo si possa affermare che semplicemente il frate volesse indicare un percorso di spoliazione (semplificazione) e di conoscenza di sé stesso (dell’uomo al centro del rapporto con Dio) per arrivare alla Gnosi.
A ben guardare si potrebbe dire che il pensiero del rasoio di Occam è stato vittima di una cattiva applicazione di sé stesso. È stato decontestualizzato, e’ stato tagliato il necessario background storico e ogni approfondimento attorno alla sua formulazione, ottenendo una legge di comportamento semplicistica.



IL RASOIO DI OCCAM
ELIAS A I GRUPPO LONGINO (MANTOVA)


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LA RETROSPEZIONE


Il silenzio del rumore Delle valvole a pressione I cilindri del calore Serbatoi di produzione... Anche il tuo spazio è su misura. Non hai forza per tentare Di cambiare il tuo avvenire Per paura di scoprire Libertà che non vuoi avere... Ti sei mai chiesto Quale funzione hai? Questi versi sono tratti dalla prima traccia del disco “Pollution” di Franco Battiato, del 1973, capolavoro del prog rock d'avanguardia dell'epoca. Versi profetici, inquisitori, che intendono turbare la tranquilla ipocrisia che l'animale-uomo si è creato e di cui si circonda. L'uomo contemporaneo crede profondamente di essere libero, in virtù di aspetti esclusivamente materiali, e di essere uno, per intero, in funzione dell'immagine che si è costruito di sè. Senza passato, immerso in un eterno obbligatorio presente, forzosamente senza lacrime. ...Il mio giorno non è duro dentro il mare mi posso vestire dai Gamma e dai Delta farmi ubbidire. Quando gioco non rompo mai niente, la violenza non ho nella mente! E' felice di essere un Beta, come quelli subordinati agli Alfa dell'utopia allucinata de “Il Mondo Nuovo” di Aldous Huxley. Non si rende conto della sua natura in realtà composita, costituita di svariati personaggi più o meno numerosi che decidono per lui, in base alla circostanza del momento o a una semplice sollecitazione dei sensi. Non è cosciente di essere profondamente addormentato e di essere in realtà “pensato” da porzioni altre della sua psiche, che infestano le sue acque ormai inquinate da tempo immemore. E' convinto di poter fare, ma ogni cosa gli accade, semplicemente. La manifestazione quaternaria è una macchina, e lui semplicemente un componente della stessa, composto a sua volta da altri ingranaggi. Pensato, pensoso, non pensante autonomamente. Tale stato di sonno è mantenuto dalla stessa macchina che reagisce continuamente agli stimoli esterni conferiti dalle forme eggregoriche di questo mondo, e impedisce all'uomo naturale di essere in contatto con quel Centro immutabile presente dentro di sé, la sua reale natura divina. Vi sono però condizioni nelle quali l'uomo che già possiede in sé quella scintilla potenziale di desiderio di ricongiungersi e di ritornare alla pienezza dello stato originario divino, ha la possibilità di rendersi cosciente di tale increscioso stato e a quel punto decidere se mantenerlo tale o iniziare il percorso per il definitivo Ritorno. 1. La macchina si “inceppa”. Accade un evento, al di là delle nostre aspettative, che sconvolge i piani che il mondo ha inculcato nelle nostre menti, e, costretti ad abbandonarli o cambiarli, iniziamo a porci delle domande su come agiamo e sul perchè lo facciamo, e da lì può iniziare una presa di consapevolezza. 2. Percepiamo improvvisamente, per un qualche motivo non sempre a noi chiaro, “il silenzio di quel rumore” nel bel mezzo di un sogno di vita che sembra scorrere sereno e tranquillo. Ed è allora che ci rendiamo conto del reale stato in cui versiamo. Anche il nostro spazio creatosi conseguentemente è su misura, è diventato tale in conseguenza dello stato di prigionia che ci siamo creati, per sfuggire allo stato di angoscia che altrimenti proveremmo. La domanda sulla nostra funzione può essere intesa a doppio senso: può stare ad indicare il ruolo (eroico, vincente oppure tragico o entrambi) che meccanicamente il mondo ci ha assegnato e che fino a quel momento abbiamo accettato senza batter ciglio. Nell'altro senso è la nostra vera natura, il nostro Centro originario, quello che abbiamo dimenticato, lo stesso che senza un lavoro interiore di alcun tipo, riesce a volte e solo per brevi momenti, a rivelarsi in lievi sprazzi di consapevolezza. Per far sì che la nostra natura spirituale si riveli a noi definitivamente e stabilmente, affinchè la nostra macchina torni a essere realmente nostra, possiamo scegliere di percorrere un lungo e durissimo percorso nel quale disponiamo di determinati strumenti atti allo scopo quali l'autosservazione (che comprende la retrospezione e l'introspezione), la meditazione e la preghiera. La retrospezione in particolare va a ripristinare l'ordine partendo dal primo strato del nostro composito essere, lo stato conscio, di (apparente) veglia. E' dunque uno strumento molto prezioso per riconoscere e rovesciare i componenti della nostra macchina subumana, il suo funzionamento e le varie modalità con cui ci porta sempre più lontani dal nostro Centro occultato al di sotto di essa. Il tutto per determinare se gli atti che compiamo originano da esso oppure dalle varie componenti, sconnesse e scoordinate, di questa macchina infernale che ci governa, esterna (quella del mondo) e al contempo interna a noi. Il termine “retrospezione”, infatti, composto dal termine retro- e dal latino “specere” (guardare), sta a indicare quella pratica, in psicologia tradizionale, per cui si pone in essere un esame delle esperienze trascorse del proprio vissuto personale, registrato dalla memoria a livello conscio, cercando di rileggere gli eventi passati sotto una nuova e diversa prospettiva e rivalutandoli alla luce della situazione personale presente. Il tutto allo scopo di un eventuale superamento o quantomeno accettazione di determinati accadimenti, traumatici e non. In un ambito operativo come quello Martinista nel quale lo scopo è la reintegrazione dell'uomo nell'uomo e dell'uomo nel divino, la retrospezione è uno strumento, parte dell'autosservazione, di cui possiamo disporre per vagliare gli accadimenti occorsi durante la nostra giornata, onde penetrare e oltrepassare successivamente, tramite un lavoro di introspezione più approfondito, la molteplicità della nostra composita struttura psicologica. In modo tale da capire cosa realmente ci muove nell'agire quotidiano. Questo agire (o reagire ad un evento o emozione) è in funzione allo scopo di reintegrazione o è causato solamente da una delle tante voci ancora presenti nella ridda dei tanti io presenti nell'inconscio? E' fondamentale chiederselo, e operare di conseguenza. Capiremo quali sono i meccanismi inconsci che la nostra mente pone in atto per sabotare il disvelamento della nostra reale natura, di ciò di cui siamo veramente composti. Le nostre azioni quotidiane, se non accuratamente vagliate alla luce di questa pratica, ci porteranno inevitabilmente alla ripetizione dei medesimi comportamenti e atteggiamenti verso determinati eventi che il più delle volte causeranno a loro volta gli avvenimenti stessi, in un circolo vizioso che rischia di reiterarsi senza fine. Possiamo ritrovare la pratica della retrospezione in diverse tradizioni spirituali ed esoteriche. Un esempio sono i Gesuiti, con gli esercizi spirituali di S. Ignazio da Loyola, che comprendono un “esame generale” ed un “esame particolare” delle proprie azioni (i peccati, in questo caso) e della propria coscienza. “2 Presuppongo che in me esistono tre tipi di pensieri: uno mio proprio, che proviene unicamente dalla mia libertà e volontà; 3 e altri due che vengono dall’esterno: uno dallo spirito buono e l’altro dallo spirito cattivo”. Ritroviamo in questo estratto dagli esercizi una visione della creazione che richiama molto da vicino quella del trattato sulla reintegrazione degli esseri di Martinez de Pasqually, in cui Adamo, dopo la caduta e la conseguente perdita del suo corpo glorioso, è decaduto da essere pensante, in diretto contatto con la Divinità, ad essere “pensoso” potenzialmente e più spesso soggetto all'influenza dello spirito cattivo. Ma se si riappropria del suo libero arbitrio, in accordo con la volontà divina, può decidere di ignorare le impressioni provenienti dallo spirito cattivo, e di accogliere e accettare quelle provenienti dallo spirito buono. A tale scopo, la pratica retrospettiva dei gesuiti si compone di questi due esami, generale e particolare, in cui si richiamano in prima istanza tutti i peccati commessi in vita, poi anno per anno, e infine periodo per periodo, rievocando i luoghi in cui si è vissuti e gli incarichi ricoperti.
Dopodichè avviene un confronto fra le parti create, a partire dall'uomo stesso, risalendo agli angeli e a Dio stesso e i suoi attributi di sapienza, onnipotenza, giustizia e bontà, al fine di ridimensionare se stessi in debita proporzione. Nell'esame particolare, invece, sono compresenti sia un'autosservazione in tempo reale, con il proposito di sorvegliare il peccato o il difetto che si vogliono correggere, sia una retrospezione da compiersi in più momenti della giornata, in cui ci si sofferma ad annotare quante volte si è caduti in quel particolare peccato, omissione, o difetto. Nel Cristianesimo, anche la confessione del fedele con il sacerdote, che gli dà la remissione dei peccati e preghiere da recitare nel suo intimo allo scopo di ristabilire un giusto dialogo con Dio, può essere considerata una forma di retrospezione. Un'altra tradizione spirituale in cui è presente una forma molto articolata e potente di retrospezione è, nello sciamanesimo tolteco, la ricapitolazione, ben descritta da Castaneda in Tensegrità. Si compie stilando inizialmente una lista di persone, luoghi, situazioni, di cui si è fatto esperienza in vita, per poi ripercorrerle a ritroso. Poi si passa a quella che gli sciamani chiamano sistemazione dell'evento, in cui si associano ad ogni persona le esperienze fatte, e si rivivono nei minimi dettagli le sensazioni, gli odori e i suoni; nel mentre, si respira consapevolmente con una tecnica particolare, inspirando ed espirando girando la testa lentamente da una parte, poi dall'altra. Il tutto viene svolto a ritroso poiché gli sciamani ritengono che ricordare gli avvenimenti più ravvicinati nel tempo permetta poi di ricordare con maggiore chiarezza anche quelli man mano più remoti. Questo processo permette anche un recupero dell'energia perduta nel corso del vissuto di quell'esperienza. È una tecnica estremamente potente, che in alcuni casi può smuovere eventi e situazioni eri attirare temporaneamente, per una successiva risoluzione, le persone coinvolte nei precedenti eventi. In alcune concezioni moderne della gnosi abbiamo fra l'altro l’immagine dell'uomo proprio come una macchina composta da cinque centri psicofisiologici. In esse abbiamo la tecnica di dissoluzione dell'Io, che comprende una pratica di retrospezione in cui ci si appella alla Madre Divina che aiuterà il praticante a dissolvere gli aggregati psichici inferiori posti precedentemente al vaglio in meditazione.
Ne “La scienza dello spirito” di Rudolf Steiner, egli raccomanda di compiere una retrospezione quotidiana all'inverso, richiamando alla memoria fatti ed eventi vissuti durante la giornata procedendo in ordine cronologico inverso, cioè partendo dalla sera fino ad arrivare alla mattina. Altre forme di retrospezione possono soffermarsi su un particolare momento della giornata, rivolgendo il nostro pensiero ad esso direttamente. Ad esempio, se ci è capitato un evento particolarmente traumatico o di forte impatto emotivo, possiamo focalizzarci in particolare su esso, e tramite una pratica meditativa lasciarlo decantare adeguatamente per far sì che quest'ultimo abbia il minor impatto possibile su di noi. Possiamo dunque prendere spunto da tutti questi metodi retrospettivi, e implementarli tutti indistintamente nelle nostre pratiche. Ora prenderemo in esame la retrospezione quotidiana che si può eseguire tutte le sere, al termine della giornata, prima di coricarsi. La si compie ripercorrendo, come già detto, non in senso cronologico ma a ritroso, tutte le azioni compiute, anche le più banali e insignificanti, cercando il più possibile di non identificarsi con chi le ha compiute, cioè noi stessi. Il tutto deve essere considerato come un film vissuto da qualcun altro, da far scorrere nella nostra mente in maniera più distaccata e neutrale possibile, senza reagire emotivamente alle scene eventuali che si presenteranno ai nostri occhi o al semplice rievocare mentalmente, col pensiero puro, l'evento stesso. Le prime volte in cui si pone in essere questa pratica, ci si può rendere conto, mentre si procede a ritroso nei momenti apparentemente più banali della giornata, di come si tenda a tralasciare proprio gli avvenimenti più importanti, quelli più significativi, che ci hanno toccato nel profondo, che essi ci abbiano dato emozioni o risultati positivi o meno. Nel mentre abbiamo inoltre la possibilità di renderci conto, man mano che riusciamo a ricordarci sempre più dettagli della giornata trascorsa, di quanto siamo poco presenti a noi stessi mentre compiamo le nostre azioni quotidiane, e delle conseguenze ostative al nostro scopo di reintegrazione che questa stessa scarsità di presenza inizialmente comporta. Durante la pratica potremmo poi arrivare a constatare quanto sia estremamente innaturale il processo di ripercorrere a ritroso la nostra giornata. E allora la nostra mente potrebbe iniziare a opporsi, presentando una marea di pensieri che tentano di insediarsi e sovrapporsi al vissuto giornaliero che stiamo ripercorrendo con così tanto sforzo e impegno. Sono ostacoli consueti per l’adepto che inizialmente si approccia a tale pratica, ed è solo perseverando congiuntamente alle altre pratiche che questi inconvenienti con il tempo si attenueranno fino a riuscire a praticare con sempre maggiore chiarezza. La portata di un condotto è il volume liquido che passa in una sua sezione nell'unità di tempo: e si ottiene moltiplicando la sezione perpendicolare per la velocità che avrai del liquido. A regime permanente la portata è costante attraverso una sezione del condotto. Quanta acqua in eccesso abbiamo accumulato? Quanto in essa abbiamo trascurato e lasciato imputridire? Quanto inquinamento è riuscito a penetrarvi? E che percorsi seguono i nostri condotti ormai saturi? E' importante sondarlo. E' lungo, doloroso, ma doveroso e necessario. Diversamente, i nodi irrisolti, i traumi trascorsi che sottostanno a questi io molteplici continueranno a dettare legge, e a decidere in che modo devono svolgersi le nostre vite traendo nutrimento proprio dalla ripetizione degli accadimenti stessi, e dalla nostra reazione ad essi. Come il serpente che si morde la coda, in un circolo vizioso esclusivamente orizzontale, impedendoci la propulsione verticale che ci consentirebbe di risalire alle più alte vette del nostro Essere. Ecco perchè la pratica della retrospezione, in un contesto in cui è indispensabile operare netti e puri è così importante, insieme alla meditazione e alla preghiera, come primo passaggio per smuovere le acque inizialmente stagnanti della nostra psiche ed iniziare l'Opera in modo adeguato. Onde arrivare a capire quanti e quali sono i Sè che ci abitano, e a chi e a che cosa rispondono ogni volta che causano un avvenimento o reagiscono ad altri esterni a noi, e perchè. A quel punto, saremo consapevoli della loro esistenza. Ma loro, si rendono o si renderanno mai conto della nostra? "Dentro di me vivono la mia identica vita dei microrganismi che non sanno di appartenere al mio corpo. Io, a quale corpo appartengo?

LA RETROSPEZIONE

AMELIA  A I GRUPPO LONGINO (MANTOVA)

Sovrano Ordine Gnostico Martinista www.martinismo.net
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"MICHAEL"


L’obbiettivo principale del Martinista è quello di purificare la propria condizione psicologica per ritrovare quella integrità spirituale, quella scintilla divina, utile a comprendere quella volontà universale creatrice, ispirata dal mito della REINTEGRAZIONE.
Sul piano razionale è impossibile comprendere ciò che non appartiene al piano quaternario, è necessario uno sforzo mentale per lavorare sulla materia come se fosse soltanto una rappresentazione scenografica di un pensiero, di una volontà; un messaggio. L’interpretazione di particolari simboli, la rappresentazione rituale di alcuni miti, aiutano menti sensibili a vivere pratiche materiali come esperienze trascendenti mirate a quella evoluzione spirituale, capace di operare in sintonia con la volontà universale. Ricadere continuamente sul piano della manifestazione, soffrire psicologicamente di azioni che invece dovrebbero riguardare soltanto il nostro piano materiale, è cosa scontata e provata persino dai più grandi “Illuminati”. E’un lavoro logorante se non affrontato con rigore e cognizione di causa. Cadere nello sconforto, nelle tenebre, nel labirinto della manifestazione, è una comoda sconfitta che tutti prima o poi sperimentiamo.
Il verbo. La vibrazione cosmica che tutto crea e pervade, è composta da una infinità di frequenze delle quali possiamo percepirne, attraverso i 5 sensi, solo una minima parte. Le svariate combinazioni possibili concorrono, entro un determinato range, a formare il piano della manifestazione, cioè tutto quello che è possibile sperimentare attraverso gli organi sensoriali. Al di fuori di questo intervallo, l’intuito addestrato, può intercettare ulteriori “melodie” che si manifestano attraverso la formazione di immagini, messaggi o sensazioni. Particolari vibrazioni, come Eoni o Emanazioni particolari dell’ente primo, assimilabili ad onde portanti, hanno la capacità di trasportare informazioni specifiche e tra loro coerenti. Mantralizzare alcuni suoni, farli vibrare all’interno del nostro corpo, osservare particolari colori ed annusare particolari aromi, serve a sintonizzare la nostra mente a ricevere specifiche onde portanti. Rimandando ad altra sede la disamina di tecniche idonee allo scopo, focalizzare l’attenzione dei nostri sensi su particolari Emanazioni, chiamate nella tradizione cristiana col nome di Angeli o Arcangeli, aiuta senza ombra di dubbio a trovare quelle risposte normalmente occultate dal velo ingannatore del mondo manifesto.
Michael ( Mi-Ka-El o Ma-ha-el ) “chi come Dio” o “simile a Dio”,  iconograficamente rappresentato con armatura, spada fiammeggiante o  lancia ma anche con una bilancia, rappresenta l’energia solare, attiva, cui dobbiamo attingere per combattere l’inerzia spirituale. Questo Arcangelo rappresenta al tempo stesso la fiaccola divina che squarcia le tenebre e difende l’uomo dalle insidie oscure dell’ignoranza quando impugna la spada, la forza regolatrice degli opposti quando mostra la bilancia e la cosciente determinazione a sottomettere e sconfiggere definitivamente il male quando con la lancia trafigge il drago. La bilancia simbolo femminile, sottolinea nella sua linearità orizzontale, l’equilibrio tra il bene ed il male, tra il fine ed il grossolano, il rigore con cui verranno soppesate le nostre richieste. La spada, simbolo maschile, la forza con cui l’ignoranza viene contrastata e le fiamme che l’avvolgono la luce, conforto nel buio ma al tempo stesso monito come fiamma di innesco alla prossima distruzione dell’illusorio quaternario. La spada con il suo doppio filo tagliente attacca e difende se impugnata da una mano salda guidata da una mente esperta ed equilibrata, ma può ritorcersi pericolosamente su chi la brandisce scelleratamente per vanagloria o fini abietti. La lancia che trafigge il male, col un allineamento obliquo rivolto verso il basso ad indicare che l’impulso viene dall’alto, potrebbe rappresentare la sintesi perfetta del cammino iniziatico, dove il maschile, rappresentato dalla spada, viene equilibrato dalla temperanza femminile, in un progredire intermedio tra cuore ed intelletto, che intuisco nel Quattre de Ciffre risultante.

Spada      - Lancia - Bilancia      
    

 La “Potenza” di Michael, è tale che un monito è sott’inteso già nel suo nome: “Chi è come Dio”? che interpreto nel “Chi osa chiamarmi, chi ha un animo così puro da richiedere la mia presenza?”
E’ interessante notare che il nome di Michael è formato dalle lettere Mem-Yod-Caf seguite da una contrazione del termine Eloim. Questa particolare combinazione risulta essere la 42° tra quelle che formulano i 72 nomi di Dio nella tradizione Kabbalistica ebraica. Nel libro “La Kabbalah e i 72 nomi di Dio”, Yehuda Bergtraduce questa formula con svelare ciò che è nascostosottolineando che l’ego altera la realtà così che alla fine vediamo ciò che l’ego impone, ma l’energia elettrica ad esempio, esprime il suo potenziale soltanto se celata in un filo elettrico.

Con l’aiuto di Michael è quindi possibile accedere alla vera conoscenza e contrastare la superbia.
Il colore che lo rappresenta è il Giallo, il pianeta di riferimento il Sole

"MICHAEL" di IGNIS A I   Loggia Abraxas (Toscana)

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