ARPOCRATE A:::I::: Collina ABRAXAS (Toscana)
Atah
Malkuth
Ve-Geburah
Ve-Gedulah
Le Olam
Amen
A te
Il regno
La potenza
La gloria
Nei secoli dei secoli
Amen
Durante il rituale della Croce Cabalistica vengono
recitati questi versi, che non sono altro che la frase finale della preghiera
al Padre, in un'antica formulazione in lingua ebraica.
Mi rivolgo all’Eterno come in preghiera, compiendo nel
mio spazio sacro e gestuale, un rituale di sintesi simbolica essenziale e molto
potente, quasi a cercare un incontro in quelluogo interiore, dove teurgicamente
si incrociano e si congiungono, la dimensione divina e quella umana, cioè nel
centro del cuore.
La forza evocativa delle parole, unitaalla croce
tracciata sul corpo,inducono a cercare quel punto d’equilibrio dove far
coincidere il centro del proprio universo fisico, animico e spirituale, al fine
di concedere alla materia la memoria del pneuma.
Sebbene in apparenza breve ed essenziale, il rituale
cela una notevole forza comunicativa, se è vero come è vero, che il simbolismo
risulta tanto più potente, quanto più è ridotto ad un minimalismo espressivo
archetipale, capace di incarnare ed incardinare il suo significato,in un
singolo gesto o in una semplice forma.Il percorso di ricerca della struttura
simbolicadel rituale è funzionale al processo di interiorizzazione dello stesso
ed è idoneo a coagulare la dimensione eterica del proprio pensiero, regale
chiave d’accesso alla dimensione inconscia dei significati e delle verità.
Le parole ed i gesti,propri della Croce Cabalistica,
rimandano chiaramente, oltre che alle tradizionali qualità della croce, alla
costruzione di un più complesso impianto sefirotico. Lo scopo dell'invocazione
è quindi l’osservazione o la vivificazione interiore, dello splendore della
manifestazione Divina nell’uomo, una tensione ascetica che crea corrispondenza
tra il macrocosmo ed il microcosmo Uomo.
I molteplici strumenti quali le correlazioni, le
corrispondenze in base al genere qualificante, l’espansione corporea, le
analogie micro e macrocosmiche, sembrano frattalizzare, in questa struttura
rituale, la sintesi simbolica del genoma della creazione, che dal rapporto
bidimensionale di due rette nel punto IO, evolve in figura umana, in cosmo ed
in semplice principio creativo, diventando strumento della matrice del Logos divino.
La luce che scende da Kether, come fosse un frutto su
un albero, viene colta con amore dalle tre dita della mano destra, che
simbolizzano la trinitaria luce divina dei 3 veli del negativo; la mano,
quindi, viene portata nel terzo occhio,dove risuona in immagine e poi in vuoto,
specchio della nostra dimensione più sottile. Il gesto di portare la luce nel
terzo occhio, esprime la volontà di accogliere e di comprendere il contatto tra
la Shined il proprio Regno.
Dopo la mano discende e vibro la parola Atah.
Atah in ebraico significa “ATe” ed è
chiaramente molto usata nei testi sacri; durante una semplice analisi della
composizione letterale della parola,la mia attenzione è stata attirata dal
fatto che la Thau viene disegnata come una vera e propria croce
e che cabalisticamente rappresenta Malkuth,mentre l’Alef ,che la
precede,può indicare Kether.
La nostra dimensione “malkutica” vibra al suono delle
parole sacre, come in una consacrazione della funzione che in essa ha la
Scintilla Divina, la volontà che rende Spirito,l’inerte materia.
Nell’incrocio delle luci che vanno immaginate perdersi
all’infinito, il percorso verticale e quello orizzontale si incontrano
all'altezza del plesso solare, cioè dove si irradia lo spirito vitale, la Shin
di Tiferet, ovvero il punto in cui brucia la fiamma monoatomica del corpo
solare.
Lì dove nasce il punto, che brilla di purezza e
potenza divina, due raggi di luce si incrociano, creando lo spazio ed il tempo
interiore, l’autocoscienza che diventa pensiero.
Il rituale prosegue nel “Le Olam”, quando la mano gira
in senso antiorario, accennando ad un cerchio dinamico che opera sia nel tempo
(per sempre),che nello spazio (il cerchio);tutto promana dalla vibrazione
spiraliforme che fa procedere ciò che esiste attorno allo spirito vitale, in
uno stupendo equilibrio armonico.
Nel suo percorso a spirale l'Uomo interiore è un
semplice punto che anela al cerchio, un microcosmo che si schiude alla
perfezione superiore. La forma aperta di un cerchio interamente tracciato,
termina nella parola Amen e rende saldo il gesto di completamento umano,in un
atto di fede. Con la fede della congiunzione delle mani l'uomo buca lo spazio
nel punto centrale dell'Esagramma, che altro non è che la matrice dell'essenza
umana che si specchia nel gesto.
Le mani vanno spinte in avanti, a muovere quell'acqua
verticale di cui siamo fatti ed in cui vibra l'immagine del simbolo
primordiale, come in un tentativo di toccare quel velo che ci divide e ci
protegge, dalla parte sconosciuta e indefinibile della nostra identità
psicologica.
Il centro è l'etere ovvero la concentrazione e
l'equilibrio dei quattro elementi, che nella rotazione esprimono la perfetta
unione ed il perfetto equilibrio vibratorio, una memoria del Principio e di
quel vuoto dove l'origine è celata.
La Croce Cabalistica pertanto simbolizza la relazione
metafisica tra l'uomo e Dio, le leggi di governo della materia attraverso lo
Spirito e la possibilità che è data all'uomo di comprendere meglio il suo Regno
interiore. Il luogo e lo spazio d'azione sono il corpo del Magus, che nel gesto
di accogliere la luce, tende ad essa ed in quel sacro e magico gesto riflette
le leggi della creazione.
Innumerevoli possono essere gli spunti e le
meditazioni personali, che si svelano dall'analisi di ogni singolo passo del
breve rituale, di ogni singola parola sefirotica, di ogni singola lettera
cabalistica, di ogni singola parte di ogni lettera, di ogni numero sotteso, di
ogni colore espresso. E’ la vertigine del viaggio interiore in base al quale,
in ogni scatola della materia e della conoscenza, ne è custodita un'altra di
analoga forma e mistero e alla fine,tutto ci conduce di fronte a quel punto di
luce solare, che brilla dentro di noi e che può essere una semplice croce di
luce.
È proprio nello spazio e nel "Luogo" che ha
azione la vita e recitando il nostro spazio interiore, tracciandolo come un
tempio, possiamo costruire il simbolo della nostra essenza, nonostante il Luogo
sia al contempo, possibilità di noi stessi e separazione da Dio.
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interessante
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