martedì 10 gennaio 2017

LA CROCE CABALISTICA

ARPOCRATE A:::I::: Collina ABRAXAS (Toscana)


Atah
Malkuth
Ve-Geburah
Ve-Gedulah
Le Olam
Amen

A te
Il regno
La potenza
La gloria
Nei secoli dei secoli
Amen
Durante il rituale della Croce Cabalistica vengono recitati questi versi, che non sono altro che la frase finale della preghiera al Padre, in un'antica formulazione in lingua ebraica.

Mi rivolgo all’Eterno come in preghiera, compiendo nel mio spazio sacro e gestuale, un rituale di sintesi simbolica essenziale e molto potente, quasi a cercare un incontro in quelluogo interiore, dove teurgicamente si incrociano e si congiungono, la dimensione divina e quella umana, cioè nel centro del cuore.
La forza evocativa delle parole, unitaalla croce tracciata sul corpo,inducono a cercare quel punto d’equilibrio dove far coincidere il centro del proprio universo fisico, animico e spirituale, al fine di concedere alla materia la memoria del pneuma.

Sebbene in apparenza breve ed essenziale, il rituale cela una notevole forza comunicativa, se è vero come è vero, che il simbolismo risulta tanto più potente, quanto più è ridotto ad un minimalismo espressivo archetipale, capace di incarnare ed incardinare il suo significato,in un singolo gesto o in una semplice forma.Il percorso di ricerca della struttura simbolicadel rituale è funzionale al processo di interiorizzazione dello stesso ed è idoneo a coagulare la dimensione eterica del proprio pensiero, regale chiave d’accesso alla dimensione inconscia dei significati e delle verità.

Le parole ed i gesti,propri della Croce Cabalistica, rimandano chiaramente, oltre che alle tradizionali qualità della croce, alla costruzione di un più complesso impianto sefirotico. Lo scopo dell'invocazione è quindi l’osservazione o la vivificazione interiore, dello splendore della manifestazione Divina nell’uomo, una tensione ascetica che crea corrispondenza tra il macrocosmo ed il microcosmo Uomo.
I molteplici strumenti quali le correlazioni, le corrispondenze in base al genere qualificante, l’espansione corporea, le analogie micro e macrocosmiche, sembrano frattalizzare, in questa struttura rituale, la sintesi simbolica del genoma della creazione, che dal rapporto bidimensionale di due rette nel punto IO, evolve in figura umana, in cosmo ed in semplice principio creativo, diventando strumento della matrice del Logos divino.

La luce che scende da Kether, come fosse un frutto su un albero, viene colta con amore dalle tre dita della mano destra, che simbolizzano la trinitaria luce divina dei 3 veli del negativo; la mano, quindi, viene portata nel terzo occhio,dove risuona in immagine e poi in vuoto, specchio della nostra dimensione più sottile. Il gesto di portare la luce nel terzo occhio, esprime la volontà di accogliere e di comprendere il contatto tra la Shined il proprio Regno.
Dopo la mano discende e vibro la parola Atah.
Atah in ebraico significa “ATe” ed è chiaramente molto usata nei testi sacri; durante una semplice analisi della composizione letterale della parola,la mia attenzione è stata attirata dal fatto che la Thau viene disegnata come una vera e propria croce  e che cabalisticamente rappresenta Malkuth,mentre l’Alef ,che la precede,può indicare Kether.
Se ci spingiamo un po’ oltre notiamo che Alef e Thau sono la prima e l’ultima consonante dell’alfabeto ebraico antico,tanto che verrebbe da pensare che già nella prima parola enunciata nel rituale,sia stata seminato il nucleo vitale, del percorso verticale che congiunge Kether a Malkuth. L'albero sefirotico si completa poi, tramite la dimensione orizzontale di Gheburah e Chesed o Gedulah, che rappresentano il principio dell'equilibrio dinamico della natura dualistica della realtà. Tale principio sottende al genere, alla corrispondenza ed alla natura delle cose. In particolare,con la declamazione dei nomi di Gheburah e Gedulah,e con la loro ubicazione ciascuna su di una spalla, si manifesta la struttura sefirotica dell’Uomo. Il Magus compiendo il segno della croce e si specchia nell’albero della vita, dimostrando,durante la sua pratica operativa, di contenere in potenza i gradi della sua evoluzione trasmutatoria. 
La nostra dimensione “malkutica” vibra al suono delle parole sacre, come in una consacrazione della funzione che in essa ha la Scintilla Divina, la volontà che rende Spirito,l’inerte materia.

Nell’incrocio delle luci che vanno immaginate perdersi all’infinito, il percorso verticale e quello orizzontale si incontrano all'altezza del plesso solare, cioè dove si irradia lo spirito vitale, la Shin di Tiferet, ovvero il punto in cui brucia la fiamma monoatomica del corpo solare. 
Lì dove nasce il punto, che brilla di purezza e potenza divina, due raggi di luce si incrociano, creando lo spazio ed il tempo interiore, l’autocoscienza che diventa pensiero. 
Il rituale prosegue nel “Le Olam”, quando la mano gira in senso antiorario, accennando ad un cerchio dinamico che opera sia nel tempo (per sempre),che nello spazio (il cerchio);tutto promana dalla vibrazione spiraliforme che fa procedere ciò che esiste attorno allo spirito vitale, in uno stupendo equilibrio armonico.

Nel suo percorso a spirale l'Uomo interiore è un semplice punto che anela al cerchio, un microcosmo che si schiude alla perfezione superiore. La forma aperta di un cerchio interamente tracciato, termina nella parola Amen e rende saldo il gesto di completamento umano,in un atto di fede. Con la fede della congiunzione delle mani l'uomo buca lo spazio nel punto centrale dell'Esagramma, che altro non è che la matrice dell'essenza umana che si specchia nel gesto.
Le mani vanno spinte in avanti, a muovere quell'acqua verticale di cui siamo fatti ed in cui vibra l'immagine del simbolo primordiale, come in un tentativo di toccare quel velo che ci divide e ci protegge, dalla parte sconosciuta e indefinibile della nostra identità psicologica.
Il centro è l'etere ovvero la concentrazione e l'equilibrio dei quattro elementi, che nella rotazione esprimono la perfetta unione ed il perfetto equilibrio vibratorio, una memoria del Principio e di quel vuoto dove l'origine è celata.

La Croce Cabalistica pertanto simbolizza la relazione metafisica tra l'uomo e Dio, le leggi di governo della materia attraverso lo Spirito e la possibilità che è data all'uomo di comprendere meglio il suo Regno interiore. Il luogo e lo spazio d'azione sono il corpo del Magus, che nel gesto di accogliere la luce, tende ad essa ed in quel sacro e magico gesto riflette le leggi della creazione.

Innumerevoli possono essere gli spunti e le meditazioni personali, che si svelano dall'analisi di ogni singolo passo del breve rituale, di ogni singola parola sefirotica, di ogni singola lettera cabalistica, di ogni singola parte di ogni lettera, di ogni numero sotteso, di ogni colore espresso. E’ la vertigine del viaggio interiore in base al quale, in ogni scatola della materia e della conoscenza, ne è custodita un'altra di analoga forma e mistero e alla fine,tutto ci conduce di fronte a quel punto di luce solare, che brilla dentro di noi e che può essere una semplice croce di luce. 


È proprio nello spazio e nel "Luogo" che ha azione la vita e recitando il nostro spazio interiore, tracciandolo come un tempio, possiamo costruire il simbolo della nostra essenza, nonostante il Luogo sia al contempo, possibilità di noi stessi e separazione da Dio.

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