domenica 8 luglio 2018

LA RETROSPEZIONE


Il silenzio del rumore Delle valvole a pressione I cilindri del calore Serbatoi di produzione... Anche il tuo spazio è su misura. Non hai forza per tentare Di cambiare il tuo avvenire Per paura di scoprire Libertà che non vuoi avere... Ti sei mai chiesto Quale funzione hai? Questi versi sono tratti dalla prima traccia del disco “Pollution” di Franco Battiato, del 1973, capolavoro del prog rock d'avanguardia dell'epoca. Versi profetici, inquisitori, che intendono turbare la tranquilla ipocrisia che l'animale-uomo si è creato e di cui si circonda. L'uomo contemporaneo crede profondamente di essere libero, in virtù di aspetti esclusivamente materiali, e di essere uno, per intero, in funzione dell'immagine che si è costruito di sè. Senza passato, immerso in un eterno obbligatorio presente, forzosamente senza lacrime. ...Il mio giorno non è duro dentro il mare mi posso vestire dai Gamma e dai Delta farmi ubbidire. Quando gioco non rompo mai niente, la violenza non ho nella mente! E' felice di essere un Beta, come quelli subordinati agli Alfa dell'utopia allucinata de “Il Mondo Nuovo” di Aldous Huxley. Non si rende conto della sua natura in realtà composita, costituita di svariati personaggi più o meno numerosi che decidono per lui, in base alla circostanza del momento o a una semplice sollecitazione dei sensi. Non è cosciente di essere profondamente addormentato e di essere in realtà “pensato” da porzioni altre della sua psiche, che infestano le sue acque ormai inquinate da tempo immemore. E' convinto di poter fare, ma ogni cosa gli accade, semplicemente. La manifestazione quaternaria è una macchina, e lui semplicemente un componente della stessa, composto a sua volta da altri ingranaggi. Pensato, pensoso, non pensante autonomamente. Tale stato di sonno è mantenuto dalla stessa macchina che reagisce continuamente agli stimoli esterni conferiti dalle forme eggregoriche di questo mondo, e impedisce all'uomo naturale di essere in contatto con quel Centro immutabile presente dentro di sé, la sua reale natura divina. Vi sono però condizioni nelle quali l'uomo che già possiede in sé quella scintilla potenziale di desiderio di ricongiungersi e di ritornare alla pienezza dello stato originario divino, ha la possibilità di rendersi cosciente di tale increscioso stato e a quel punto decidere se mantenerlo tale o iniziare il percorso per il definitivo Ritorno. 1. La macchina si “inceppa”. Accade un evento, al di là delle nostre aspettative, che sconvolge i piani che il mondo ha inculcato nelle nostre menti, e, costretti ad abbandonarli o cambiarli, iniziamo a porci delle domande su come agiamo e sul perchè lo facciamo, e da lì può iniziare una presa di consapevolezza. 2. Percepiamo improvvisamente, per un qualche motivo non sempre a noi chiaro, “il silenzio di quel rumore” nel bel mezzo di un sogno di vita che sembra scorrere sereno e tranquillo. Ed è allora che ci rendiamo conto del reale stato in cui versiamo. Anche il nostro spazio creatosi conseguentemente è su misura, è diventato tale in conseguenza dello stato di prigionia che ci siamo creati, per sfuggire allo stato di angoscia che altrimenti proveremmo. La domanda sulla nostra funzione può essere intesa a doppio senso: può stare ad indicare il ruolo (eroico, vincente oppure tragico o entrambi) che meccanicamente il mondo ci ha assegnato e che fino a quel momento abbiamo accettato senza batter ciglio. Nell'altro senso è la nostra vera natura, il nostro Centro originario, quello che abbiamo dimenticato, lo stesso che senza un lavoro interiore di alcun tipo, riesce a volte e solo per brevi momenti, a rivelarsi in lievi sprazzi di consapevolezza. Per far sì che la nostra natura spirituale si riveli a noi definitivamente e stabilmente, affinchè la nostra macchina torni a essere realmente nostra, possiamo scegliere di percorrere un lungo e durissimo percorso nel quale disponiamo di determinati strumenti atti allo scopo quali l'autosservazione (che comprende la retrospezione e l'introspezione), la meditazione e la preghiera. La retrospezione in particolare va a ripristinare l'ordine partendo dal primo strato del nostro composito essere, lo stato conscio, di (apparente) veglia. E' dunque uno strumento molto prezioso per riconoscere e rovesciare i componenti della nostra macchina subumana, il suo funzionamento e le varie modalità con cui ci porta sempre più lontani dal nostro Centro occultato al di sotto di essa. Il tutto per determinare se gli atti che compiamo originano da esso oppure dalle varie componenti, sconnesse e scoordinate, di questa macchina infernale che ci governa, esterna (quella del mondo) e al contempo interna a noi. Il termine “retrospezione”, infatti, composto dal termine retro- e dal latino “specere” (guardare), sta a indicare quella pratica, in psicologia tradizionale, per cui si pone in essere un esame delle esperienze trascorse del proprio vissuto personale, registrato dalla memoria a livello conscio, cercando di rileggere gli eventi passati sotto una nuova e diversa prospettiva e rivalutandoli alla luce della situazione personale presente. Il tutto allo scopo di un eventuale superamento o quantomeno accettazione di determinati accadimenti, traumatici e non. In un ambito operativo come quello Martinista nel quale lo scopo è la reintegrazione dell'uomo nell'uomo e dell'uomo nel divino, la retrospezione è uno strumento, parte dell'autosservazione, di cui possiamo disporre per vagliare gli accadimenti occorsi durante la nostra giornata, onde penetrare e oltrepassare successivamente, tramite un lavoro di introspezione più approfondito, la molteplicità della nostra composita struttura psicologica. In modo tale da capire cosa realmente ci muove nell'agire quotidiano. Questo agire (o reagire ad un evento o emozione) è in funzione allo scopo di reintegrazione o è causato solamente da una delle tante voci ancora presenti nella ridda dei tanti io presenti nell'inconscio? E' fondamentale chiederselo, e operare di conseguenza. Capiremo quali sono i meccanismi inconsci che la nostra mente pone in atto per sabotare il disvelamento della nostra reale natura, di ciò di cui siamo veramente composti. Le nostre azioni quotidiane, se non accuratamente vagliate alla luce di questa pratica, ci porteranno inevitabilmente alla ripetizione dei medesimi comportamenti e atteggiamenti verso determinati eventi che il più delle volte causeranno a loro volta gli avvenimenti stessi, in un circolo vizioso che rischia di reiterarsi senza fine. Possiamo ritrovare la pratica della retrospezione in diverse tradizioni spirituali ed esoteriche. Un esempio sono i Gesuiti, con gli esercizi spirituali di S. Ignazio da Loyola, che comprendono un “esame generale” ed un “esame particolare” delle proprie azioni (i peccati, in questo caso) e della propria coscienza. “2 Presuppongo che in me esistono tre tipi di pensieri: uno mio proprio, che proviene unicamente dalla mia libertà e volontà; 3 e altri due che vengono dall’esterno: uno dallo spirito buono e l’altro dallo spirito cattivo”. Ritroviamo in questo estratto dagli esercizi una visione della creazione che richiama molto da vicino quella del trattato sulla reintegrazione degli esseri di Martinez de Pasqually, in cui Adamo, dopo la caduta e la conseguente perdita del suo corpo glorioso, è decaduto da essere pensante, in diretto contatto con la Divinità, ad essere “pensoso” potenzialmente e più spesso soggetto all'influenza dello spirito cattivo. Ma se si riappropria del suo libero arbitrio, in accordo con la volontà divina, può decidere di ignorare le impressioni provenienti dallo spirito cattivo, e di accogliere e accettare quelle provenienti dallo spirito buono. A tale scopo, la pratica retrospettiva dei gesuiti si compone di questi due esami, generale e particolare, in cui si richiamano in prima istanza tutti i peccati commessi in vita, poi anno per anno, e infine periodo per periodo, rievocando i luoghi in cui si è vissuti e gli incarichi ricoperti.
Dopodichè avviene un confronto fra le parti create, a partire dall'uomo stesso, risalendo agli angeli e a Dio stesso e i suoi attributi di sapienza, onnipotenza, giustizia e bontà, al fine di ridimensionare se stessi in debita proporzione. Nell'esame particolare, invece, sono compresenti sia un'autosservazione in tempo reale, con il proposito di sorvegliare il peccato o il difetto che si vogliono correggere, sia una retrospezione da compiersi in più momenti della giornata, in cui ci si sofferma ad annotare quante volte si è caduti in quel particolare peccato, omissione, o difetto. Nel Cristianesimo, anche la confessione del fedele con il sacerdote, che gli dà la remissione dei peccati e preghiere da recitare nel suo intimo allo scopo di ristabilire un giusto dialogo con Dio, può essere considerata una forma di retrospezione. Un'altra tradizione spirituale in cui è presente una forma molto articolata e potente di retrospezione è, nello sciamanesimo tolteco, la ricapitolazione, ben descritta da Castaneda in Tensegrità. Si compie stilando inizialmente una lista di persone, luoghi, situazioni, di cui si è fatto esperienza in vita, per poi ripercorrerle a ritroso. Poi si passa a quella che gli sciamani chiamano sistemazione dell'evento, in cui si associano ad ogni persona le esperienze fatte, e si rivivono nei minimi dettagli le sensazioni, gli odori e i suoni; nel mentre, si respira consapevolmente con una tecnica particolare, inspirando ed espirando girando la testa lentamente da una parte, poi dall'altra. Il tutto viene svolto a ritroso poiché gli sciamani ritengono che ricordare gli avvenimenti più ravvicinati nel tempo permetta poi di ricordare con maggiore chiarezza anche quelli man mano più remoti. Questo processo permette anche un recupero dell'energia perduta nel corso del vissuto di quell'esperienza. È una tecnica estremamente potente, che in alcuni casi può smuovere eventi e situazioni eri attirare temporaneamente, per una successiva risoluzione, le persone coinvolte nei precedenti eventi. In alcune concezioni moderne della gnosi abbiamo fra l'altro l’immagine dell'uomo proprio come una macchina composta da cinque centri psicofisiologici. In esse abbiamo la tecnica di dissoluzione dell'Io, che comprende una pratica di retrospezione in cui ci si appella alla Madre Divina che aiuterà il praticante a dissolvere gli aggregati psichici inferiori posti precedentemente al vaglio in meditazione.
Ne “La scienza dello spirito” di Rudolf Steiner, egli raccomanda di compiere una retrospezione quotidiana all'inverso, richiamando alla memoria fatti ed eventi vissuti durante la giornata procedendo in ordine cronologico inverso, cioè partendo dalla sera fino ad arrivare alla mattina. Altre forme di retrospezione possono soffermarsi su un particolare momento della giornata, rivolgendo il nostro pensiero ad esso direttamente. Ad esempio, se ci è capitato un evento particolarmente traumatico o di forte impatto emotivo, possiamo focalizzarci in particolare su esso, e tramite una pratica meditativa lasciarlo decantare adeguatamente per far sì che quest'ultimo abbia il minor impatto possibile su di noi. Possiamo dunque prendere spunto da tutti questi metodi retrospettivi, e implementarli tutti indistintamente nelle nostre pratiche. Ora prenderemo in esame la retrospezione quotidiana che si può eseguire tutte le sere, al termine della giornata, prima di coricarsi. La si compie ripercorrendo, come già detto, non in senso cronologico ma a ritroso, tutte le azioni compiute, anche le più banali e insignificanti, cercando il più possibile di non identificarsi con chi le ha compiute, cioè noi stessi. Il tutto deve essere considerato come un film vissuto da qualcun altro, da far scorrere nella nostra mente in maniera più distaccata e neutrale possibile, senza reagire emotivamente alle scene eventuali che si presenteranno ai nostri occhi o al semplice rievocare mentalmente, col pensiero puro, l'evento stesso. Le prime volte in cui si pone in essere questa pratica, ci si può rendere conto, mentre si procede a ritroso nei momenti apparentemente più banali della giornata, di come si tenda a tralasciare proprio gli avvenimenti più importanti, quelli più significativi, che ci hanno toccato nel profondo, che essi ci abbiano dato emozioni o risultati positivi o meno. Nel mentre abbiamo inoltre la possibilità di renderci conto, man mano che riusciamo a ricordarci sempre più dettagli della giornata trascorsa, di quanto siamo poco presenti a noi stessi mentre compiamo le nostre azioni quotidiane, e delle conseguenze ostative al nostro scopo di reintegrazione che questa stessa scarsità di presenza inizialmente comporta. Durante la pratica potremmo poi arrivare a constatare quanto sia estremamente innaturale il processo di ripercorrere a ritroso la nostra giornata. E allora la nostra mente potrebbe iniziare a opporsi, presentando una marea di pensieri che tentano di insediarsi e sovrapporsi al vissuto giornaliero che stiamo ripercorrendo con così tanto sforzo e impegno. Sono ostacoli consueti per l’adepto che inizialmente si approccia a tale pratica, ed è solo perseverando congiuntamente alle altre pratiche che questi inconvenienti con il tempo si attenueranno fino a riuscire a praticare con sempre maggiore chiarezza. La portata di un condotto è il volume liquido che passa in una sua sezione nell'unità di tempo: e si ottiene moltiplicando la sezione perpendicolare per la velocità che avrai del liquido. A regime permanente la portata è costante attraverso una sezione del condotto. Quanta acqua in eccesso abbiamo accumulato? Quanto in essa abbiamo trascurato e lasciato imputridire? Quanto inquinamento è riuscito a penetrarvi? E che percorsi seguono i nostri condotti ormai saturi? E' importante sondarlo. E' lungo, doloroso, ma doveroso e necessario. Diversamente, i nodi irrisolti, i traumi trascorsi che sottostanno a questi io molteplici continueranno a dettare legge, e a decidere in che modo devono svolgersi le nostre vite traendo nutrimento proprio dalla ripetizione degli accadimenti stessi, e dalla nostra reazione ad essi. Come il serpente che si morde la coda, in un circolo vizioso esclusivamente orizzontale, impedendoci la propulsione verticale che ci consentirebbe di risalire alle più alte vette del nostro Essere. Ecco perchè la pratica della retrospezione, in un contesto in cui è indispensabile operare netti e puri è così importante, insieme alla meditazione e alla preghiera, come primo passaggio per smuovere le acque inizialmente stagnanti della nostra psiche ed iniziare l'Opera in modo adeguato. Onde arrivare a capire quanti e quali sono i Sè che ci abitano, e a chi e a che cosa rispondono ogni volta che causano un avvenimento o reagiscono ad altri esterni a noi, e perchè. A quel punto, saremo consapevoli della loro esistenza. Ma loro, si rendono o si renderanno mai conto della nostra? "Dentro di me vivono la mia identica vita dei microrganismi che non sanno di appartenere al mio corpo. Io, a quale corpo appartengo?

LA RETROSPEZIONE

AMELIA  A I GRUPPO LONGINO (MANTOVA)

Sovrano Ordine Gnostico Martinista www.martinismo.net
eremitadaisettenodi@gmail.com 



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