martedì 10 gennaio 2017

RIFLESSIONI SUL PERCORSO MARTINISTA

TALIA I:::I::: Collina Abraxas (Toscana)

Ogni volta che vengono chiusi i lavori di una tornata di loggia ti trovi un tatuaggio che percepisci impresso a tratti, che riemerge per ore ed ore – e riemergerà in futuro - e che desideri fortemente ricostruire. Non sempre accade – tantomeno immediatamente -  nella sua interezza e nella sua linearità, ma se sei stato “presente” con tutti i livelli del tuo essere, l’impressione affiorerà consolidata in te.
Le caratteristiche evidenziate dal nostro Amatissimo Filosofo Elenandro XI sulle differenze tra Martinismo e Massoneria hanno sicuramente aiutato tutti noi a focalizzare (anche comunque i fratelli che non sono Liberi Muratori) il perimetro entro cui ci muoviamo nel nostro percorso spirituale. E la prima dote per conoscere perfettamente dove si è indirizzati, è senza dubbio il senso dell’orientamento.
Comprendo che non sia semplice distinguere per alcuni fratelli Liberi Muratori ciò che è complementare in senso assoluto da ciò che lo è per se stessi: nel primo caso si parlerebbe di inadeguatezza di un Ordine Iniziatico, nel secondo di bisogno personale di “altro” da ciò che si è già trovato. Ma tutte le vie sono giuste ed alfine è il viandante che fa la differenza.
Molti strumenti e alcuni simboli sono comuni a Massoneria e Martinismo, anche se non solamente a loro. Ciò non significa che questi due percorsi si intersechino e si assemblino come uno yin e uno yang, ma solamente che alcune “parole” utilizzate in due linguaggi sono comuni: usare il termine pop-corn non farà di me italiano diventare improvvisamente un inglese Ogni ordine iniziatico ha le sue peculiarità e le somiglianze di alcuni tratti comuni sono solo esteriori; ogni ordine iniziatico ha inoltre il proprio lessico, e imparare ad averne padronanza aiuta l’adepto nel ri-conoscere chi è conosciuto.
Le nostre tornate di loggia – così come i rituali giornalieri –si articolano in tre fasi: l’apertura, la parte operativa, la chiusura dei lavori.  Osservando attentamente e tentando un raffronto, sorge subito all’attenzione la caratteristica principale: l’opera. Riflettendo attentamente su questo termine, potremmo restare sorpresi dal fatto che può essere utilizzato sia per il lavoro adoperato per ottenere un determinato risultato, sia per il prodotto stesso ricavato tramite questo lavoro, appunto: “io sto realizzando un’opera”, ma anche “quell’oggetto è una mia opera”.Percepisci in tal modo esattamente l’essenza di ciò che costituisce il corpo operativo centrale del rituale martinista: un unicum tra chi opera, ciò che fa e ciò che ottiene. Il Martinismo è filosofia ed arte, per quanto studiato ed approfondito nonché operato ed applicato, ma lo strumento principe utilizzato, ciò che lo rende percorso squisitamente individuale, amplificato oppure inaridito all’infinito, in continua e perenne crescita oppure in stagnante e putrefacente stallo, sei tu stesso. Il Martinista è colui che chiede di possedere la conoscenza di strumenti di cui percepisce – all’inizio abbastanza grossolanamente - la necessità, per iniziare il primo gradino del lavoro sul piano quaternario, di cui ogni uomo porta quotidianamente la rappresentazione sul proprio corpo: le passioni, l’umanità, ma anche il desiderio di innalzarsi, e poi di incendiarsi. Così abbiamo iniziato il nostro cammino da Associati: lavorando ogni giorno sotto la protezione di un angelo che ci ricorda uno dei nostri innumerevoli vizi, specchiandoci in lui e iniziando a scalpellare quell’ “involucro grossolano” menzionato nel nostro rituale. Il cammino prosegue trasformandoci – non sempre! -  in Iniziati. In realtà la trasformazione non avviene per il conferimento di un grado maggiore ma per quanto personalmente conseguito, per il raggiungimento di una maturità e soprattutto di un equilibrio, come ha sottolineato il nostro Amatissimo Filosofo in tornata. L’Associato articola la sua opera sull’asse orizzontale, l’Iniziato inizia ad operare lungo l’asse verticale della croce, creando e consacrando un lavoro a due facce (l’associato impacciato dei vizi e delle passioni è sempre costantemente in lui), dando origine ad uno stato bilanciato ma, ovviamente anche in perpetua e costante revisione. Il tempio interiore acquista i suoi punti cardinali, purificati ad ogni luna piena, in un’operazione do ut des sempre più consolidata all’interno della catena ed alla luce amorevole dei Maestri Passati. L’Iniziato che diverrà Superiore Incognito consoliderà il proprio tempio interiore, sacerdote di se stesso e capace di fiorire al centro della croce. Questa progressione consente al Martinista di allargare il proprio campo visivo e comprendere una prospettiva sempre più ampia ma contenente e inglobante tutto quanto già sperimentato e conquistato attraverso il proprio genio personale. L’”opera” del Martinista può quindi anche essere intesa come armonia musicale in cui la conoscenza degli strumenti all’interno di un’orchestra potrà farti suonare ma solo la tua interpretazione e la tua sensibilità potranno produrre una melodia divina. A chi, mosso da incalzante e stolta curiosità, cerca sempre di “conoscere” gli strumenti e/o i rituali del grado superiore, dobbiamo ricordare che – per orchestrare, appunto! – è necessario saper leggere uno spartito, aver fatto pratica di solfeggio, avere padronanza dello strumento con cui ci si accompagna: preghiera cardiaca, teurgia,  sacerdozio.
Visto che l’operatività martinista è nostra peculiarità e caratteristica, ne consegue in maniera ovvia – e così dovrebbe facilmente quindi apparire – che lo scopo ottenuto od ottenibile è diverso da quello di altri percorsi iniziatici. Il Massone, “uomo del dubbio”,mette al centro della propria ricerca la conoscenza, e sviluppa tale lavoro soprattutto tramite “tavole”, ossia lavori scritti frutto di approfondimento principalmente culturale ed intellettuale, tramite speculazione simbolica. Il dubbio infatti si produce a livello mentale, e le risposte a questa condizione non potranno che essere date in tale ambito su piano oggettivo, affiancate  da una “verità soggettiva” che si auspica venga raggiunta individualmente dal Libero Muratore. Il Martinista ha come scopo quello della Reintegrazione che siamo soliti dire “dell’Uomo nell’Uomo, e dell’Uomo nel Divino”. Anche ad un cieco, balza subito all’occhio in particolare l’ultimo termine che niente può spartire sostanzialmente con l’intelletto. Gli aggettivi “speculativo” ed “operativo” dovrebbero riassumere con ulteriore cristallina chiarezza le due posizioni. Scendendo poi in un’analisi più approfondita, la conoscenza massonica è intesa come pienezza morale e culturale verso cui propendere a seguito di un lavoro di sgrossamento della pietra grezza, prodotto di un metodo di vita, di un messaggio ideale di tolleranza e di un progetto di miglioramento. Il Massone lavora su di un percorso lineare proiettato verso il futuro, in maniera individuale pur in sede collegiale e con effetti  nella società , ma sempre e comunque interpretato “nel mondo”. Il Martinista anela la conoscenza, ma intesa come Sophia, come ritorno al uno stato nostalgico di perfezione spirituale e dell’anima, vissuto e quindi perso. La mente, ridotta alla funzione di strumento, è ritenuta limitata e limitante. Il Martinista lavora su di un percorso circolare, ove il futuro è visto come possibilità di fuga di fronte all’inevitabilità di essere cibo per la Luna, mentre il passato è la Pienezza a cui tornare. Il Martinista è “nel mondo, ma non del mondo”.

La meditazione, la mantralizzazionee le purificazioni periodi che sono ulteriori peculiari strumenti di lavoro. Alcuni possono apparire – a seconda del momento di vita affrontato e di maturazione spirituale –difficoltosi e addirittura ostativi,  rappresentando, oltre che motivo di sprone, anche oggetto di riflessione ed ulteriore meditazione. Si tratta in un certo senso di cartine di tornasole che indicano, all’interno preciso di uno spettro, le catene più dure che ci legano al mondo quaternario. La mantralizzazione con i nomi dei 7 angeli giornalieri – e la loro cadenza trifasica - ha evidenziato l’assonanza con quella energetica: MI-KA-EL simile a IAO. Tale pratiche sonore, oltre ad isolare il corpo che diviene semplice cassa armonica in cui far echeggiare “altro”, rammentano visivamente – con le posizioni della lingua ed il relativo movimento interno  alla bocca - la perfezione della sezione aurea.  Quando giungono immagini all’interno della mantralizzazione, che inizialmente coinvolge solo la nostra parte sonora, è un grande conforto: oggetti che prendono forma da soli, con dettagli di materia, colori e soprattutto movimento. Questo è solo l’inizio della vera Magia che tramite chiavi antiche, da noi rivisitate, produce la vera Luce.

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