domenica 5 febbraio 2017

IL “QUATRE DE CHIFFRE”. RIFLESSIONI SUL SIMBOLO



EFESTO I:::I:::

“La nostra pratica in effetti è un cammino nelle sabbie,  dove ci si deve guidare con la stella del Nord,  piuttosto che con le orme che vi si vedono impresse. La confusione delle tracce, che un numero quasi infinito di persone vi ha lasciato, è così grande, e vi si trovano così tanti sentieri diversi, che conducono quasi tutti in orrendi deserti, che è quasi impossibile non deviare dalla vera via, che solo i saggi favoriti dal Cielo hanno saputo fortunatamente scoprire, e riconoscere.” 
(Da “Lettere musulmane Riflessioni sull'Alchimia” di Paolo Lucarelli)

Premessa
Una delle particolarità che ha permesso all’essere umano il progresso tecnologico oggi raggiunto è quella di imparare dalle proprie esperienze ed elaborare successi e fallimenti ricercando strategie sempre migliori rispetto alla situazione che si deve affrontare. Ogni generazione, almeno sino al secolo scorso, è tecnologicamente partita da dove la precedente era arrivata. Non è questo il luogo ove imbastire analisi sociologiche sull’argomento, citato solo per evidenziare quanto questa caratteristica della specie umana sia riscontrabile in tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana.

Già secoli fa i pellegrini che raggiungevano luoghi distanti migliaia di chilometri percorrevano sentieri e si ristoravano in luoghi segnati dal passo di chi li aveva preceduti; oggi navigatori satellitari e mappe digitali sono alla portata di chiunque grazie a chi ha ideato gli strumenti per elaborarle o ha effettuato i rilievi necessari per tracciarle. Se ciò è vero nella nostra vita quotidiana, altrettanto lo è – fatte le debite differenze – in un percorso spirituale che si sviluppa all’interno di una realtà organizzata. Quale che sia la struttura gerarchica, la didattica ed il piano di istruzione e formazione del singolo, queste si baseranno quasi certamente su una serie di strumenti elaborati e confermati dalle esperienze passate, con una differenza sostanziale rispetto all’essoterico quotidiano. Infatti, mentre nella vita di tutti i giorni è necessario elaborare una comunicazione che sia comprensibile a tutti, lungo una Via spirituale è opportuno che le informazioni siano “rivelate” a coloro a cui sono destinate e “velate” a chi invece non deve avervi accesso. Nel primo caso si utilizzano “segnali” dal significato più o meno condiviso, nel secondo “simboli”, la cui chiave di lettura è più o meno riservata.
Segni e Simboli
Oggi la conoscenza si trasmette tramite "segni" intellegibili più o meno a tutti, in tempi neppure tanto lontani questa era affidata ai "simboli", che sintetizzavano ed evocavano realtà concrete o astratte solo in chi aveva la necessaria preparazione. Forse mai come oggi l'evangelico detto "non date perle ai porci" è di attualità; grazie ad internet chiunque può ottenere in pochi secondi informazioni o libri costati anni di fatica e, a volte, la vita stessa a chi li ha studiati. Tra l'avere ed il comprendere però, il baratro è e rimane enorme, come ben sanno coloro i quali sono consapevoli della necessità di intraprendere in prima persona il viaggio per giungere alla conoscenza.
Mentre il segno è oggettivo e non può e non vuole dire nulla di più di quanto esprime, il simbolo (dal greco syn "insieme" e bàllein "mettere") è soggettivo, richiama e stimola in ciascuno un significato direttamente legato alla propria esperienza vissuta. Così il segno della parola "cane" comunica in chiunque è in grado di leggere il concetto del noto animale domestico, mentre lo stesso animale può assurgere al simbolo di fedeltà quando ritrae Argo, il cane di Ulisse così come può indicare pericolo, quando ritratto con le zanne in mostra sui cancelli di accesso ad abitazione private.
Renè Guénon, nel suo “Considerazioni sulla via iniziatica”, così scrive:

Il simbolo, inteso come figurazione grafica, è la fissazione di un gesto rituale (...). Ogni simbolo produce, in colui che lo medita con le attitudini e le disposizioni richieste, effetti rigorosamente paragonabili a quelli dei riti. (...). E' sufficiente che i simboli siano mantenuti intatti perché siano sempre suscettibili si svegliare, in colui che ne è capace, tutte le concezioni di cui figurano la sintesi.

Nei secoli passati, il sapere riservato veniva trasmesso appunto per "simboli", libri come il "Viridarium Chimicum" di D. Stolcius De Stoncelberg o "Atalanta Fugiens" di M. Maier possono apparire oggi, ad un poco attento lettore, come degli intriganti ed un po' roboanti esercizi di arte grafica, mentre celano invece, nelle loro illustrazioni, una summa di conoscenze riservata a chi le riesca a interpretare in maniera corretta. Se è vero quanto sopra, la maggior parte dei simboli, avendo valenza soggettiva, possono comunicare il loro messaggio solo tra "pari", ovvero tra persone accomunate da esperienze simili e comparabili ma questo, lungi dall'essere un limite, è viceversa un modo ed una possibilità per trovare trait d'union o evocare collegamenti tra esperienze distanti tra loro in termini di spazio e tempo. E’ altrettanto vero che in un simbolo ciascuno degli osservatori può trovare significati ed indicazioni affatto personali, magari diversissime da quelli che lo stesso simbolo evoca ad un’altra persona con esperienze e formazione diversa. Si può quindi dire che – sotto certi aspetti – non esiste una interpretazione “giusta” o “sbagliata” a priori di un simbolo, ma solamente interpretazioni e significati personali, validi per chi li elabora con sincerità e senso critico.
P. D. Ouspensky, nel suo “Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto”, nel quale riporta la testimonianza degli otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, afferma:

Lo scopo dei 'miti' e dei 'simboli' era di raggiungere i centri superiori, di trasmettere all'uomo idee inaccessibili alla sua ragione, di trasmettergliele in forme tali da escludere ogni falsa interpretazione. I 'miti' erano destinati al centro 'emozionale superiore'; i 'simboli' al centro 'intellettuale superiore'. Per questa ragione, tutti i tentativi per comprendere o spiegare, con la sola ragione, i 'miti' e i 'simboli', come pure gli 'aforismi' che danno un riassunto del loro contenuto, sono destinati in partenza a fallire.
….
I simboli impiegati per trasmettere le idee della conoscenza oggettiva racchiudevano i diagrammi delle leggi fondamentali dell'universo, e non trasmettevano soltanto la conoscenza stessa, ma indicavano anche la via per raggiungerla. Lo studio dei simboli, della loro struttura e del loro significato costituiva una parte molto importante della preparazione senza la quale non è possibile ricevere la conoscenza oggettiva, ed era di per sé un test, perché una comprensione letterale o formale dei simboli rende subito impossibile ricevere ogni ulteriore conoscenza.
….
un simbolo non può mai essere interpretato in modo completo; può solo essere sperimentato e vissuto, cosi come deve, ad esempio, essere sperimentata l'idea della conoscenza di sé.
....
Ognuno di questi sistemi può servire come mezzo per trasmettere l'idea dell'unità, ma nelle mani degli ignoranti e degli incompetenti, anche se pieni di buone intenzioni, lo stesso simbolo diventa uno 'strumento di errore'. La ragione consiste nel fatto che un simbolo non può mai essere preso in un significato ultimo e definitivo.

Le righe che seguono non rappresentano quindi niente di più che il frutto di personali elaborazioni dettate da un (voler) vedere similitudini, somiglianze e punti di contatto che non sono, ipso facto, validi sempre e comunque, ma rappresentano solo una tra le tante, forse infinite, modalità di interpretazione di un simbolo tra i più noti.

Quatre de Chiffre
Nel mio personale cammino mi sono imbattuto nel “Quatre de Chiffre”; i particolari dell’incontro non sono rilevanti per chi legge queste righe ed è opportuno che – per diversi motivi – rimangano riservati anche perché non aggiungerebbero nulla alle riflessioni che seguono. Alla stessa maniera, non riporterò la precisa rappresentazione grafica del glifo a cui faccio riferimento, essendo lo stesso “personale” e riservato; chi già lo conosce credo non avrà grandi difficoltà ad individuarlo nella descrizione – sia pure sommaria – che ne riporterò; chi non lo conosce potrà comunque ricorrere alle varie immagini disponibili in Rete, più o meno simili al simbolo specifico a cui mi riferisco. E’ ancora doveroso aggiungere che – per i motivi già esposti - non verranno riportate dimensioni e proporzioni dei tratti componenti il simbolo, pur essendo queste fondamentali nell’armonia complessiva dello stesso.
Il già citato René Guénon, nel suo libro “Simboli della Scienza sacra” così lo presenta:
Fra gli antichi marchi corporativi ce n'è uno di carattere particolarmente enigmatico: è quello cui si dà il nome di “quatre de chiffre”, perché ha infatti la forma della cifra 4, alla quale si aggiungono spesso alcune linee supplementari, orizzontali o verticali, e che in genere si combina sia con vari altri simboli sia con lettere o monogrammi per formare un insieme complesso in cui occupa sempre la parte superiore.“
Quanto sopra è sufficiente a immaginare quanto inchiostro si sia versato su un simbolo così particolare; un particolare riportato dallo stesso Guènon mi è apparso importante ed in qualche modo ha chiarito e “coagulato” una serie di riflessioni stimolate dall’osservazione di questo glifo come simbolo della esperienza vissuta, una sorta di “riassunto grafico” del percorso sulla Via spirituale che mi trovo a percorrere. Scrive infatti il noto esoterista francese:
“Non ci pare discutibile, infatti, che si tratti anzitutto di un simbolo quaternario, non tanto a causa della sua somiglianza con la cifra 4, che potrebbe in definitiva essere solo in certo modo «avventizia», quanto per un'altra ragione più decisiva: la cifra 4, in tutti i marchi in cui figura, ha una forma che è esattamente quella di una croce in cui l'estremità superiore del braccio verticale e una delle estremità del braccio orizzontale sono unite da una linea obliqua; ora, non si può contestare che la croce, senza pregiudizio di tutti gli altri suoi significati, sia essenzialmente un simbolo del quaternario [La croce rappresenta l'aspetto «dinamico» del quaternario, mentre il quadrato ne rappresenta l'aspetto «statico»]. Un'ulteriore conferma di questa interpretazione viene dal fatto che vi sono dei casi in cui il “quatre de chiffre” in associazione con altri simboli occupa palesemente il posto tenuto dalla croce in altre raffigurazioni più comuni che per tutto il resto sarebbero identiche.”
Se concordiamo con Guénon, e nel “Quatre de Chiffre” vediamo un simbolo del mondo sensibile, non possiamo che partire dal basso nella nostra analisi. Una linea orizzontale, che ho voluto vedere come il piano materiale su cui noi tutti siamo, su cui operiamo e da cui non possiamo prescindere, perché chiunque voglia innalzarsi con sicurezza, deve avere i piedi ben piantati per terra.
Dal centro di questa linea orizzontale sale una linea diritta, quella che il Guénon descrive come il braccio verticale della croce e che potrebbe intendersi, alla luce del particolare punto di vista che ho attribuito al glifo in questa analisi, come una rappresentazione dell’innalzamento dell’Uomo verso il Divino. Questo asse verticale è attraversato ortogonalmente da una linea orizzontale, più breve e parallela a quella di base. Diversi, e non necessariamente in contrasto tra loro, i significati che gli si possono attribuire: il primo che mi viene in mente è quello di una barriera, non tanto intesa come un blocco “sine qua non”  ma piuttosto come un momento di verifica, da compiersi su sé stessi e da accettare quando eseguito da altri che sulla Via ci guidano. Per chi è parte del N.V.O. questa potrebbe essere la meditazione richiesta al postulante per saggiarne costanza ed intenzioni, pratica tanto semplice all’apparenza quanto selettiva in sostanza; tanti facili entusiasmi svaniscono di fronte questa prima pratica, utilissima al viandante per fare luce sui suoi lati oscuri. Al pari dei limitatori di velocità che ogni tanto si incontrano sulle nostre strade asfaltate, questa linea ci rallenta senza fermarci, ci consiglia cautela ed attenzione, ci permette di vedere il traguardo all’orizzonte rendendoci consapevoli delle asperità del percorso.

Superata questa barriera, si è “oltre” e si procede verso la sommità della linea verticale, verso un punto graficamente individuato ma virtualmente a distanza infinita, verso una tappa provvisoria piuttosto che verso un traguardo definitivo, essendoci sempre la possibilità di squadrare meglio le pietre con cui edificare il nostro Tempio interiore. Da questo punto si scende in diagonale, lungo una linea che ci riporta verso il basso ma ad una altezza maggiore sia rispetto alla linea di partenza che a quella intermedia. Possiamo leggere questo particolare come lo stato di colui che è stato regolarmente Iniziato e che non può e non deve tornare ad essere al livello dei profani; non una condizione in cui crogiolarsi perché acquisita una volta per sempre quanto piuttosto un livello a cui ci viene chiesto ed abbiamo scelto di essere.
Dal punto in cui termina la diagonale discendente parte infatti una linea orizzontale più lunga delle precedenti, che ancora una volta interseca la linea verticale; è l’asse orizzontale della croce, è il simbolo del nostro agire “qui ed ora” nel mondo materiale ma secondo i Principi spirituali che abbiamo fatto nostri. Come si legge nel Vangelo di Giovanni, “siamo nel mondo, ma non siamo del mondo”, e questa consapevolezza dovrebbe accompagnarci in ogni momento della nostra vita, dal risveglio mattutino alla retrospezione serale, in cui analizziamo il nostro agito.
Al termine di questa lunga linea orizzontale una breve linea verticale, alle cui estremità appaiono due triangoli, punte di freccia che sembrano indicare due direzioni opposte  o – piuttosto – complementari; “Come in alto, così in basso” si potrebbe interpretare citando Ermete Trismegisto; altri potrebbero leggervi uno sprone a “Edificare templi alla virtù e scavare prigioni al vizio”; altri ancora potrebbero interpretare questo particolare come la necessaria condotta per poter compiere la reintegrazione dell’Uomo nell’Uomo e dell’Uomo nel Divino. A ciascuno il suo, come si suole dire, ed ai pronti l’Opera.

Analizzate le varie componenti, dedichiamo qualche ulteriore riflessione al glifo nel suo complesso, riportando una ulteriore riflessione del Guénon sulla croce, che – come in precedenza – possiamo utilizzare come utile suggerimento per la nostra analisi:

“Se il centro della croce è considerato come il punto di partenza delle quattro braccia, esso rappresenta l’Unità primordiale; se invece lo si considera come il loro punto di intersezione, non rappresenta che l’equilibrio, riflesso di questa Unità. In questo secondo significato, è designato cabalisticamente mediante la lettera scin, la quale posta al centro del tetragramma הוהי, le cui quattro lettere figurano sulle quattro braccia della croce, forma il nome pentagrammatico הושהי, sul significato del quale non insisteremo qui, non avendo voluto che segnalare questo dato di sfuggita. Le cinque lettere del Pentagramma si pongono alle cinque punte della Stella Fiammeggiante, figurazione del Quinario, che simboleggia più particolarmente il Microcosmo o l’uomo individuale. La ragione di questo è la seguente: se si considera il Quaternario come l’Emanazione o la manifestazione totale del Verbo, ogni essere emanato, sottomultiplo di questa emanazione, sarà ugualmente caratterizzato dal numero quattro; esso diventerà un essere individuale nella misura in cui si distinguerà dall’Unità o dal centro emanatore, e abbiamo appena visto che questa distinzione del Quaternario dall’Unità è precisamente l’origine del Quinario.“
(da “Osservazioni sulla Produzione dei Numeri”, Pubblicato in “La Gnose”, giugno – luglio -agosto 1910 ed inserito nella raccolta postuma “René Guénon, Melanges” edizioni Gallimard, 1976. Tratto da "Martinismo e Via Martinista". edizioni Lulu)

Emerge dal testo citato un ulteriore rafforzamento del simbolo della Croce con il numero 4; un quattro che peraltro non va inteso in maniera “statica”, ma piuttosto “dinamica”, ovvero come “punto di partenza” verso una successiva evoluzione quinaria. Una visione dinamica che l’esoterista francese propone anche per la stessa Croce, che nel simbolo dello swastika esprime una rotazione intorno al suo centro. Immaginando ora di ruotare di 180 gradi il nostro “Quatre de Chiffre” possiamo notare che questo sembra tracciare quasi alla perfezione il percorso della Croce cabalistica che apre e chiude i rituali individuali del N.V.O. Questa considerazione suggerisce ulteriori approfondimenti, che non è qui il caso di analizzare, ma che certamente offrono non pochi spunti di riflessione.
Questo “capovolgimento” ci riporta in qualche modo al già citato “Come in alto, così in basso” di Ermete Trismegisto, e non solo per effetto della rotazione, ma anche per via delle modalità con cui solitamente il “Quatre de Chiffre” viene tracciato. Se infatti la nostra analisi è partita dalla base per poi salire e poi ridiscendere e spostarsi di lato, è pur vero che nel disegnare questo simbolo quasi tutti tracciano l’asse verticale principale partendo dall’alto e scendendo in basso, quasi ad esprimere graficamente una ipostasi in cui il Divino “scende” verso l’Umano. Anche in questo caso si potrebbe partire da questa considerazione per sviluppare ulteriori riflessioni, anche ricordando che in diverse culture – come quelle asiatiche o arabe – il senso della scrittura è contrario al nostro.

Una ulteriore riflessione può essere spesa partendo dalla immagine di una croce i cui quattro raggi rappresentano quattro emanazioni ortogonali che partono da uno stesso centro; quattro raggi che potrebbero essere visti come le “direzioni” in cui procedere per consolidare i quattro principi operativi di Volere, Potere, Osare e Tacere che dovrebbero informare – sia pure in modi diversi in funzione della Via spirituale scelta – ciascun esoterista. Me se questa analisi sembrerebbe suggerire – in una visione errata e limitativa – un progressivo allontanamento dal centro, dobbiamo invece considerare che lo scopo del Martinista è quello della Reintegrazione, la consapevolezza dell’ “En to Pan”, che Tutto è Uno deve sempre guidarci nella nostra pratica per comporre i pezzi separati (e questo vale tanto per il singolo viandante che opera sui suoi tanti aspetti animici, psicologici ed egoici, che per le tante, troppe, divisioni che spesso affliggono Ordini e strutture esoteriche…). Questa composizione è la “cerchiatura del quadro”, è la circonferenza che tutto (etimologicamente) comprende, una circonferenza presente nella Croce cabalistica prima citata e che nel “Quatre de Chiffre” possiamo vedere stilizzata tanto nel tratto obliquo che unisce due estremi ortogonali, che nel percorso suggerito dalle due frecce dalle direzioni opposte (o complementari?) presenti al termine del tratto verticale nel lato opposto.


Conclusioni

Forse abbiamo detto troppo, certamente molto altro ci sarebbe da dire. Ma come sempre, l’accorto viandante fa tesoro delle indicazioni di chi lo ha preceduto ma sceglie da sé la sua strada. Oggi come ieri non mancano gli Strumenti giusti per chi voglia cercare, ed è a costoro che speriamo di essere stati utili con queste modeste riflessioni.

www.martinismo.net
eremitadaisettenodi@gmail.com

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