Elenandro XI Superiore Incognito Iniziatore
La storia, sempre più
recente e sempre più vorticosa, ci ricorda che Teder succede a Papus, Bricaud a
Teder, Blancard e Camboseau, in opposizione al massone egizio Bricaud, fondano
l’Ordine Martinista Sinarchico e l’Ordine Martinista Tradizionale.
Di tale periodo è
scritto: “Alla morte di Papus (1916) si assisté ad una fioritura di membri del
Supremo Consiglio che si proclamavano ciascuno Gran Maestro e si facevano
riconoscere da una frazione di membri! L'uno pubblica un rituale, un altro intende mantenere il sistemadella
libera iniziazione ed unaltro infine, che riunì il più gran numero di aderenti,
non si contenta della Tradizione vecchia di un quarto di secolo dell'Ordine, ma
vi apporta tante e tali modifiche che si assiste realmente alla nascita di un nuovo
Ordine. Riprendendo le affermazioni di Papus e pretendendo d'essere il suo
legittimo successore, vantava una filiazione regolare da Martinez avuta da
iniziatori liberi. Chiudendo l'Ordine così rinnovato ai non massoni, esigeva il
possesso dei gradi della Massoneria per essere ammessi. Chiuse l'Ordine alle
donne... » (Chamboseau Jean)
A Bricaud succede Chevillon che viene
assassinato durante la seconda guerra mondiale, a quel punto l’Ordine
Martinista pare tramontare salvo poi riemergere grazie al figlio di Papus e di
Ambelain. Purtroppo anche il loro sodalizio regge il volgere di pochi anni,
essendo persone di temperamento ed orientamento assai diversi. Philippe molto
legato alla figura del Padre, del misticismo cristiano. Ambelain oramai post
papussiano, alla ricerca del connubio martinista martinezista, e orientato ad
un martinismo privo della sua connotazione cristiana.
In Italia, la nascita del martinismo pare
soggetta alle stesse dinamiche della Francia, malgrado le sorti siano disgiunte
a seguito della spaccatura del martinismo italiano con il martinismo francese.
Abbiamo avuto grandi Maestri come Allegri che confondono il martinismo per un
luogo dove approfondire il rito scozzese, la polemica fra Sacchi e Reghini
sulla matrice cristiana del martinismo, la questione teurgica o via cardiaca
tanto cara a Ventura e Brunelli, fino a giungere a giorni nostri dove alcuni
vedono il martinismo come realtà iniziatica sovrana ed altri come orpello per
una qualche arzigogolata architettura iniziatica, o neutro contenitore per le
più assurde fantasie operative ed indegne commistioni.
Sono però le figure di
Gastone Ventura e Francesco Brunelli, due autentici divulgatori che ebbero come
reciproca forza e debolezza di essere contemporanei, che hanno caratterizzato
le sorti del martinismo italiano. Invito tutti i fratelli e le sorelle giovani,
immuni dagli strascichi della loro traumatica rottura, a leggere gli scritti di
entrambi i Maestri. Ricordandosi dello spirito dei tempi, e della diversa
estrazione di entrambi.
Gastone Ventura: “Io
penso che una catena capace di produrre Eggregore si debba fare: è fondamentale
che un nostro Eggregore sia lanciato nello spazio. Ma deve essere un Eggregore
forte, compatto: gli impulsi che lo rafforzano devono essere continui. Ma deve
anche essere un Eggregore privo di scopi profani: in atre parole l’Eggregore di
chi, conquistata la tranquillità interiore, sa che le cose di questo mondo, le
lotte che ne caratterizzano l’evoluzione o l’involuzione e cioè i problemi
economici, sociali, politici, religiosi e via dicendo sono soltanto questioni
contingenti e quindi metafisicamente irreali perché non stabili ma variabili,
mentre ciò che conta è l’equilibrio, la legge dei contrari che si sostengono
l’un l’altro e permettono lo svolgersi delle attività umane così come quelle
cosmiche e di quelle universali.
Se, poi, volessimo
sfruttare il nostro campo eggregorico per motivi fisici, per scopi benefici,
mutualistici e quindi materiali, legati a problemi profani, allora la questione
è più facile: poniamo pure che noi stessi qui riuniti, che con la sola nostra
presenza per uno scopo comune formiamo un campo eggregorico, ci concentriamo e
ci “incateniamo” per inviare un pensiero, un aiuto, un’onda di forza salutare a
qualcuno che ci interessa. Produrremo,
con il Rito adatto, un Eggregore generato da Martinisti (perché tali noi siamo
o ci riteniamo) ma non l’Eggregore martinista.
Inutile ch’io vi dia
suggerimenti e consigli: essi scaturiscono da quanto ho detto: Dottrina
martinista; animo martinista; Riti
comuni; volontà comune.
Se non ci sono queste
premesse non c’è neppure un Ordine Iniziatico Martinista e di conseguenza, non
ci può essere un Eggregore martinista.”
Francesco
Brunelli:”Voglio concludere che lo studio approfondito dei rituali di
iniziazione e delle tecniche note mi fanno affermare che l'Ordine conferisce ai
suoi membri: - una iniziazione oggettiva caratterizzata dall'introduzione
dell'Uomo di desiderio in un nuovo mondo ed in una nuova dimensione mediante la
creazione del legamento iniziatico che termina con la trasmissione del
Sacramento dell'Ordine e con la potestà sacrale di poterlo a sua volta
conferire. La possibilità di una iniziazione soggettiva, realizzantesi cioè in
virtù del lavoro e delle applicazioni pratiche dell'iniziato che lo porta sino
alla soglia dell'Adeptato, sino cioè alla soglia della realizzazione ultima.Qui
finisce la missione dell'Ordine Martinista.
Tale missione si
estrinseca mediante: a) la trasmissione fisica da Iniziatore ad Iniziando delle
energie eggregoriche, che avviene durante i differenti riti di Iniziazione (il
legamento); b) la trasmissione di una dottrina che è quella contenuta nei
rituali e che deve essere sviluppata da ciascuno mediante una ricerca, uno
studio ed una applicazione costante;
c) il simbolismo che
rinserra parte della dottrina e parte delle tecniche, prima tra queste la
introspezione, la purificazione, la meditazione ecc...; d) i riti di catena
(che possono essere variati in ogni momento senza pertanto comportare una variazione
nella sostanza e nello scopo dei riti di catena stessi) con l'inevitabile
effetto traente dell'Eggregoro e la rivelazione degli Arcani; e) i riti
individuali trasmutatori dopo la rivelazione. Questa è la nostra risposta alla
domanda: Dove porta il Martinismo”
Nella Pratica Martinista
Come abbiamo potuto
vedere il ruolo dei maestri passati è rilevante nella docetica e nello
stabilire la continuità iniziatica martinista. Ovviamente nella pratica
martinista, in quanto il vero martinista è operativo, un ruolo privilegiato è
riservato alla perenne memoria e presenza spirituale dei Maestri Passati.
È bene immediatamente
precisare che quando parliamo di memoria e presenza non ci riferiamo certamente
a pratiche di devozionismo e spiritismo, le quali sono estranee dalla condotta
iniziatica e al perimetro operativo martinista, bensì ad un rapporto di
consapevole fraternità e figliolanza capace di superare gli angusti ambiti
dello spazio e del tempo. Un’unione che si snoda ed amplifica ben oltre il
limitare di questo corpo fisico caduco, soggetto all’azione del tempo e degli
accidenti, e di una mente perennemente critica, estendendosi lungo l’eterna
catena che unisce tutti i veri martinisti.
Il salmo della
fratellanza, il risuonare potente di Ecce Quam Bonum, non solo investe, nella
sua sostanzialità magica, i fratelli e le sorelle della catena, ma si propaga
verso tutti i martinisti presenti, passati e futuri. La corretta edificazione
dei nostri Templi ci pone oltre il tempo e lo spazio, permettendoci di avvertire
con certezza la presenza di tutti i nostri fratelli, di tutte le nostre
sorelle, e dei Maestri che si sono avvicendati nell’Opera di Reintegrazione e
Servizio. Essi sono realmente presenti, essi sono realmente con noi nello
spirito e nel lavoro interiore.
Il Filosofo e
l’Iniziatore agiscono in accordo e sotto gli auspici dei Venerati Maestri
Passati, in quanto le loro azioni non possono essere divergenti o conflittuali
con quanto compiuto da coloro che li hanno preceduti. Quando affermiamo che la
nostra Opera è sotto gli auspici dei Maestri Passati non utilizziamo una mera
forma retorica, bensì è in virtùdella loro benevola intercessione che permette
di alzare il livello dei lavori da semplice forma cerimoniale, ad elemento
dinamico spirituale. Questa è verità dei nostri lavori.
All’interno del rituale
di Loggia i Maestri Passati trovano una loro attiva presenza e rappresentazione
nel Lume ad essi dedicato. L’accensione del cero da parte del Filosofo, che
precede quella del Trilume dando vita con esso ad una Ierofania di Luce, ben
simboleggia l’azione di guida di coloro che ci hanno preceduti. È grazie ad essa che noi siamo qui ed ora a
raccoglierci attorno ai nostri rituali individuali e collettivi. È la
successione delle iniziazioni, il riconoscimento fra iniziato ed iniziatore, e
la sua inclusione, quale anello, all’interno della catena che permette all’iniziazione martinista
di essere reale
e fruttuosa. Un
anello si aggiunge
alla catena, permettendo ad essa
di estendersi nel tempo e nello spazio, di acquisire maggiore forza, di
sostituire la maglia perduta con una di nuova consistenza e foggia. Al contempo
i Maestri Passati sono, all’interno del rituale di loggia, il necessario
benevolo intercessore. Elemento non solo in grado di catalizzare, e rendere
cosa unica, la fraterna adunanza che assiste alla loro presenza, ma di
sostenere gli sforzi compiuti nell’edificazione del tempio in uno slancio
spirituale superiore. I Venerati Maestri Passati, in quanto padri dei fratelli
presenti, e transitati lungo questo nostro viatico, si protendono verso di noi,
e noi attraverso di essi verso la fonte
pneumatica suprema.
Ecco quindi che il loro Lume è idealmente
perennemente acceso. Il chiarore che da esso emana precede ogni nostro lavoro,
rappresentando il collegamento
iniziatico fra noi e loro.
“La cui guida amorevole
ci assiste nella nostra Opera Laboriosa. Chiedi Loro nel bisogno, e se il tuo
cuore è puro l’aiuto non mancherà. Il Cero ai Maestri Passati è la tua Fede.”
(tratto dal rituale di associazione del Convivium Gnostico Martinista)
Il Lume dei Maestri
Passati ha la funzione di guidarci. Mentre incespichiamo lungo il percorso,
fiaccamente illuminato dalle nostre misere capacità, alzando leggermente lo
sguardo vediamo ad Oriente una Luce forte e vigorosa che integra la nostra
debole fiammella, permettendoci di sfuggire alle insidie. Questa maestosa luce
è anche, e sopratutto, la direzione verso cui noi dobbiamo tendere nel nostro
percorso di reintegrazione. Consapevoli che malgrado questi fulgidi esempi di
Maestri ed Iniziati altro non ci potrà essere che indicata la direzione, il
cammino è poi personale.
Il Cero ai Maestri
Passati è la certezza dell’Eterna Scuola, che irradia tramite i suoi Maestri,
primi Servitori, i dettami della reintegrazione. Nel rituale giornaliero il nostro lume
individuale simboleggia il chiarore della lampada dell’Eremita. La quale fende
le tenebre mostrando i pericoli, gli inganni, che il percorso riserva. La luce
individuale rappresenta il nostro discernimento, la nostra capacità di essere
consapevoli e comprendere le insidie della nostra natura inferiore e del mondo
circostante che di essa è riflesso.
Innanzi a noi abbiamo la portentosa luce dei Maestri Passati, la quale
con amore imperituro ci indica la via, e ci mostra come le nostre opere
riecheggiano nell’eternità dello spirito.
www.martinismo.net
eremitadaisettenodi@gmail.com
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