domenica 5 febbraio 2017

La vorticosa storia moderna del martinismo


Elenandro XI Superiore Incognito Iniziatore


La storia, sempre più recente e sempre più vorticosa, ci ricorda che Teder succede a Papus, Bricaud a Teder, Blancard e Camboseau, in opposizione al massone egizio Bricaud, fondano l’Ordine Martinista Sinarchico e l’Ordine Martinista Tradizionale.
Di tale periodo è scritto: “Alla morte di Papus (1916) si assisté ad una fioritura di membri del Supremo Consiglio che si proclamavano ciascuno Gran Maestro e si facevano riconoscere da una frazione di membri! L'uno pubblica un rituale, un  altro intende mantenere il sistemadella libera iniziazione ed unaltro infine, che riunì il più gran numero di aderenti, non si contenta della Tradizione vecchia di un quarto di secolo dell'Ordine, ma vi apporta tante e tali modifiche che si assiste realmente alla nascita di un nuovo Ordine. Riprendendo le affermazioni di Papus e pretendendo d'essere il suo legittimo successore, vantava una filiazione regolare da Martinez avuta da iniziatori liberi. Chiudendo l'Ordine così rinnovato ai non massoni, esigeva il possesso dei gradi della Massoneria per essere ammessi. Chiuse l'Ordine alle donne... » (Chamboseau Jean)

 A Bricaud succede Chevillon che viene assassinato durante la seconda guerra mondiale, a quel punto l’Ordine Martinista pare tramontare salvo poi riemergere grazie al figlio di Papus e di Ambelain. Purtroppo anche il loro sodalizio regge il volgere di pochi anni, essendo persone di temperamento ed orientamento assai diversi. Philippe molto legato alla figura del Padre, del misticismo cristiano. Ambelain oramai post papussiano, alla ricerca del connubio martinista martinezista, e orientato ad un martinismo privo della sua connotazione cristiana.
 In Italia, la nascita del martinismo pare soggetta alle stesse dinamiche della Francia, malgrado le sorti siano disgiunte a seguito della spaccatura del martinismo italiano con il martinismo francese. Abbiamo avuto grandi Maestri come Allegri che confondono il martinismo per un luogo dove approfondire il rito scozzese, la polemica fra Sacchi e Reghini sulla matrice cristiana del martinismo, la questione teurgica o via cardiaca tanto cara a Ventura e Brunelli, fino a giungere a giorni nostri dove alcuni vedono il martinismo come realtà iniziatica sovrana ed altri come orpello per una qualche arzigogolata architettura iniziatica, o neutro contenitore per le più assurde fantasie operative ed indegne commistioni. 
Sono però le figure di Gastone Ventura e Francesco Brunelli, due autentici divulgatori che ebbero come reciproca forza e debolezza di essere contemporanei, che hanno caratterizzato le sorti del martinismo italiano. Invito tutti i fratelli e le sorelle giovani, immuni dagli strascichi della loro traumatica rottura, a leggere gli scritti di entrambi i Maestri. Ricordandosi dello spirito dei tempi, e della diversa estrazione di entrambi.
Gastone Ventura: “Io penso che una catena capace di produrre Eggregore si debba fare: è fondamentale che un nostro Eggregore sia lanciato nello spazio. Ma deve essere un Eggregore forte, compatto: gli impulsi che lo rafforzano devono essere continui. Ma deve anche essere un Eggregore privo di scopi profani: in atre parole l’Eggregore di chi, conquistata la tranquillità interiore, sa che le cose di questo mondo, le lotte che ne caratterizzano l’evoluzione o l’involuzione e cioè i problemi economici, sociali, politici, religiosi e via dicendo sono soltanto questioni contingenti e quindi metafisicamente irreali perché non stabili ma variabili, mentre ciò che conta è l’equilibrio, la legge dei contrari che si sostengono l’un l’altro e permettono lo svolgersi delle attività umane così come quelle cosmiche e di quelle universali.
Se, poi, volessimo sfruttare il nostro campo eggregorico per motivi fisici, per scopi benefici, mutualistici e quindi materiali, legati a problemi profani, allora la questione è più facile: poniamo pure che noi stessi qui riuniti, che con la sola nostra presenza per uno scopo comune formiamo un campo eggregorico, ci concentriamo e ci “incateniamo” per inviare un pensiero, un aiuto, un’onda di forza salutare a qualcuno che ci interessa.  Produrremo, con il Rito adatto, un Eggregore generato da Martinisti (perché tali noi siamo o ci riteniamo) ma non l’Eggregore martinista.
Inutile ch’io vi dia suggerimenti e consigli: essi scaturiscono da quanto ho detto: Dottrina martinista;  animo martinista; Riti comuni; volontà comune.
Se non ci sono queste premesse non c’è neppure un Ordine Iniziatico Martinista e di conseguenza, non ci può essere un Eggregore martinista.”
Francesco Brunelli:”Voglio concludere che lo studio approfondito dei rituali di iniziazione e delle tecniche note mi fanno affermare che l'Ordine conferisce ai suoi membri: - una iniziazione oggettiva caratterizzata dall'introduzione dell'Uomo di desiderio in un nuovo mondo ed in una nuova dimensione mediante la creazione del legamento iniziatico che termina con la trasmissione del Sacramento dell'Ordine e con la potestà sacrale di poterlo a sua volta conferire. La possibilità di una iniziazione soggettiva, realizzantesi cioè in virtù del lavoro e delle applicazioni pratiche dell'iniziato che lo porta sino alla soglia dell'Adeptato, sino cioè alla soglia della realizzazione ultima.Qui finisce la missione dell'Ordine Martinista.
Tale missione si estrinseca mediante: a) la trasmissione fisica da Iniziatore ad Iniziando delle energie eggregoriche, che avviene durante i differenti riti di Iniziazione (il legamento); b) la trasmissione di una dottrina che è quella contenuta nei rituali e che deve essere sviluppata da ciascuno mediante una ricerca, uno studio ed una applicazione costante;
c) il simbolismo che rinserra parte della dottrina e parte delle tecniche, prima tra queste la introspezione, la purificazione, la meditazione ecc...; d) i riti di catena (che possono essere variati in ogni momento senza pertanto comportare una variazione nella sostanza e nello scopo dei riti di catena stessi) con l'inevitabile effetto traente dell'Eggregoro e la rivelazione degli Arcani; e) i riti individuali trasmutatori dopo la rivelazione. Questa è la nostra risposta alla domanda: Dove porta il Martinismo”
Nella Pratica Martinista
Come abbiamo potuto vedere il ruolo dei maestri passati è rilevante nella docetica e nello stabilire la continuità iniziatica martinista. Ovviamente nella pratica martinista, in quanto il vero martinista è operativo, un ruolo privilegiato è riservato alla perenne memoria e presenza spirituale dei Maestri Passati. 
È bene immediatamente precisare che quando parliamo di memoria e presenza non ci riferiamo certamente a pratiche di devozionismo e spiritismo, le quali sono estranee dalla condotta iniziatica e al perimetro operativo martinista, bensì ad un rapporto di consapevole fraternità e figliolanza capace di superare gli angusti ambiti dello spazio e del tempo. Un’unione che si snoda ed amplifica ben oltre il limitare di questo corpo fisico caduco, soggetto all’azione del tempo e degli accidenti, e di una mente perennemente critica, estendendosi lungo l’eterna catena che unisce tutti i veri martinisti. 
Il salmo della fratellanza, il risuonare potente di Ecce Quam Bonum, non solo investe, nella sua sostanzialità magica, i fratelli e le sorelle della catena, ma si propaga verso tutti i martinisti presenti, passati e futuri. La corretta edificazione dei nostri Templi ci pone oltre il tempo e lo spazio, permettendoci di avvertire con certezza la presenza di tutti i nostri fratelli, di tutte le nostre sorelle, e dei Maestri che si sono avvicendati nell’Opera di Reintegrazione e Servizio. Essi sono realmente presenti, essi sono realmente con noi nello spirito e nel lavoro interiore. 
Il Filosofo e l’Iniziatore agiscono in accordo e sotto gli auspici dei Venerati Maestri Passati, in quanto le loro azioni non possono essere divergenti o conflittuali con quanto compiuto da coloro che li hanno preceduti. Quando affermiamo che la nostra Opera è sotto gli auspici dei Maestri Passati non utilizziamo una mera forma retorica, bensì è in virtùdella loro benevola intercessione che permette di alzare il livello dei lavori da semplice forma cerimoniale, ad elemento dinamico spirituale. Questa è verità dei nostri lavori. 
All’interno del rituale di Loggia i Maestri Passati trovano una loro attiva presenza e rappresentazione nel Lume ad essi dedicato. L’accensione del cero da parte del Filosofo, che precede quella del Trilume dando vita con esso ad una Ierofania di Luce, ben simboleggia l’azione di guida di coloro che ci hanno preceduti.  È grazie ad essa che noi siamo qui ed ora a raccoglierci attorno ai nostri rituali individuali e collettivi. È la successione delle iniziazioni, il riconoscimento fra iniziato ed iniziatore, e la sua inclusione, quale anello, all’interno della catena che permette  all’iniziazione  martinista  di  essere  reale  e  fruttuosa.  Un  anello  si  aggiunge  alla  catena, permettendo ad essa di estendersi nel tempo e nello spazio, di acquisire maggiore forza, di sostituire la maglia perduta con una di nuova consistenza e foggia. Al contempo i Maestri Passati sono, all’interno del rituale di loggia, il necessario benevolo intercessore. Elemento non solo in grado di catalizzare, e rendere cosa unica, la fraterna adunanza che assiste alla loro presenza, ma di sostenere gli sforzi compiuti nell’edificazione del tempio in uno slancio spirituale superiore. I Venerati Maestri Passati, in quanto padri dei fratelli presenti, e transitati lungo questo nostro viatico, si protendono verso di noi, e noi attraverso di essi  verso la fonte pneumatica suprema. 
 Ecco quindi che il loro Lume è idealmente perennemente acceso. Il chiarore che da esso emana precede ogni nostro lavoro, rappresentando  il collegamento iniziatico fra noi e loro. 
“La cui guida amorevole ci assiste nella nostra Opera Laboriosa. Chiedi Loro nel bisogno, e se il tuo cuore è puro l’aiuto non mancherà. Il Cero ai Maestri Passati è la tua Fede.” (tratto dal rituale di associazione del Convivium Gnostico Martinista)
Il Lume dei Maestri Passati ha la funzione di guidarci. Mentre incespichiamo lungo il percorso, fiaccamente illuminato dalle nostre misere capacità, alzando leggermente lo sguardo vediamo ad Oriente una Luce forte e vigorosa che integra la nostra debole fiammella, permettendoci di sfuggire alle insidie. Questa maestosa luce è anche, e sopratutto, la direzione verso cui noi dobbiamo tendere nel nostro percorso di reintegrazione. Consapevoli che malgrado questi fulgidi esempi di Maestri ed Iniziati altro non ci potrà essere che indicata la direzione, il cammino è poi personale.
Il Cero ai Maestri Passati è la certezza dell’Eterna Scuola, che irradia tramite i suoi Maestri, primi Servitori, i dettami della reintegrazione.  Nel rituale giornaliero il nostro lume individuale simboleggia il chiarore della lampada dell’Eremita. La quale fende le tenebre mostrando i pericoli, gli inganni, che il percorso riserva. La luce individuale rappresenta il nostro discernimento, la nostra capacità di essere consapevoli e comprendere le insidie della nostra natura inferiore e del mondo circostante che di essa è riflesso.  Innanzi a noi abbiamo la portentosa luce dei Maestri Passati, la quale con amore imperituro ci indica la via, e ci mostra come le nostre opere riecheggiano nell’eternità dello spirito. 

www.martinismo.net
eremitadaisettenodi@gmail.com

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